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OSSERVATORIO SULLA PARTITOCRAZIA

1:AVVERTENZA AL LETTORE
Sovrapporre ai sorrisi delle grandi occasioni sfoggiati dagli uomini di partito nei manifesti elettorali, che a scadenze regolari fanno bella mostra di sé sui muri delle nostre città, non le loro parole ma la pratica che vi dovrebbe corrispondere, non significa certo alimentare il sospetto come di chi non voglia lasciarsi accalappiare da un incantesimo alla portata persino dei commessi di negozio. Si tratta invece di un atteggiamento salutare, perché se le parole sono qualcosa di più dell’aria mossa nel pronunciarle, lo si deve al fatto che ne richiamano molte altre, necessarie del resto per garantire dell’animo veritiero delle prime. Se poi invece dello sfoggio di una dentatura ben curata vengono offerti volti pensosi del pubblico bene, il nostro atteggiamento a ricercare le pulci non cambia, come non cambia quando ci capita di ascoltare gli illusionisti dalla parola scorrevole mentre seminano in mezzo al vasto pubblico le illusioni che fanno andare a letto con qualche speranza in più. Perdere l’antica fede nelle magiche virtù delle parole, convincersi del tramonto definitivo del sol dell’avvenire, può alla fine non risultare un male perché significa guardare alle cose di questo mondo senza le confortevoli illusioni di una volta e quindi andare a letto soltanto per riposare e non per lasciarsi cullare dall’idea del dolce che ci aspetterebbe al risveglio.

2: COME TI ERUDISCO IL PUPO
Vogliamo partire col nostro notiziario sulla partitocrazia(termine coniato dal giurista Giuseppe Maranini nel 1949)da alcuni dati grezzi, ma non per questo meno significativi. A guardar bene, nella loro semplicità essi lasciano trasparire, come attraverso un prisma ottico, tutta la potenza devastante di una distorsione della vita economica, sociale e politica del nostro paese per lungo tempo scambiata per condizione di normalità.
Secondo l’Ocse, l’Italia occupa il penultimo posto, tra i paesi che fanno parte di questa organizzazione, per la quota di PIL dedicata alla scuola,il 4,5 % contro il 6 % medio degli altri paesi(dati 2009). In compenso,per la statistica riportata nella tabella sottostante, il numero degli eletti alle cariche pubbliche, regolarmente stipendiati,con i soliti familiari e amici a carico, si aggira intorno a 144.000,circa la somma di tutti gli eletti in tre paese Spagna, Francia e Germania messi insieme. Senza contare l’esercito,anche più numeroso e combattivo di quello dei politici,dei consulenti e degli amministratori pubblici di nomina politica, spesso uomini di partito trombati in qualche turno elettorale, pure loro con famiglia a seguito con giuste esigenze famigliari a soddisfare.

3:INFORMAZIONI PER FARSI UN’IDEA PIÙ PRECISA DELLA PARTITOCRAZIA
Il 2° Rapporto UIL sui costi della politica del luglio 2012, offre un quadro abbastanza completo e attendibile dei costi diretti e indiretti della partitocrazia, ossia, della quota di ricchezza nazionale di cui i partiti, in un modo o nell’altro, si appropriano e che potrebbe venir impiegata per scopi sociali o produttivi.
Secondo l’ultima inchiesta di questa organizzazione sindacale, oltre 1,1 milioni di persone in Italia vivono direttamente o indirettamente di politica, con una spesa annuale di 23,1 miliardi di euro. Come visto sopra, di queste, 144.000 occupano il loro posto per mandato elettorale, come ministro, parlamentare, consigliere o assessore nelle giunte regionali, provinciali e comunali. Ad essi vanno aggiunti 24. 000 consiglieri di amministrazione delle 6978 società partecipate, con un costo complessivo di 2,6 miliardi di euro l’anno, nonché un esercito di consulenti, perché si deve supporre che consiglieri e politici siano dei perfetti ignoranti nelle questioni amministrative, che comportano una spesa di circa 3 miliardi di euro
La UIL ipotizza che riportando i costi della politica al suo livello fisiologico, si possa realizzare un risparmio di circa 10,4 miliardi di euro l’anno.
Un quadro più completo della pletora di faccendieri che gravitano attorno alla politica, si dovrebbe dire attorno al bilancio pubblico, è riportato nella tabella sottostante.

NUMERO DI PERSONE IN POLITICA(elaborazione UIL)

ENTI NUMERO

Parlamento e governo 1067
Province 3857
Comuni 137.936
CDA aziende pubbliche 24.432
Collegi revisori, collegi sindacali PA e aziende pubbliche 44.165
Personale di supporto politico 38.120
Apparato politico 390.620
Incarichi e consulenze PA e aziende pubbliche 487.949      

4:REVISIONO DUNQUE SONO
Poiché il rappresentante di partito è ricco di parole sonanti con le quali il vasto pubblico viene nutrito e illuso, vogliamo ricordare alcuni fatti che meglio di un lungo discorso possono darci l’idea delle sue capacità di badare ai fatti, soprattutto quando si tratta di avviare un progetto per i cammini tortuosi delle revisioni di spesa(in alto) a vantaggio degli amici e proprio, dote necessaria nella lotta per la sopravvivenza.
Il costo per chilometro dell’Autostrada del Sole(iniziata nel 1963) viene stimato in circa 4 milioni di euro in valuta d’oggi. Per costruire i 23 chilometri della Conegliano-Pordenone, iniziata nel 1986 e non ancora ultimata, sono stati spesi 22 milioni di euro per chilometro (G.A.Stella, S.Rizzo: La deriva, 2008,p.21). Aggiungiamo che la Metropolitana di Milano è costata 130 miliardo per chilometro,a fronte di un costo di 45 per quella di Francoforte. Come mai? si chiederà lo smarrito cittadino. Al lettore la non ardua risposta.

5: CARNE DA MACELLO
”Bisogna in specie sfatare il luogo comune tutto italiano,secondo il quale ci sarebbe un rapporto causale tra partiti forti e corruzione politica. La corruzione si diffuse invece quando i partiti smarrirono la funzione essenziale di concorrere con metodo democratico alla vita politica nazionale,…,e divennero partitocrazia,cioè occupazione del potere. Partiti forti nell’occupare il potere ma deboli nella loro intima funzione sociale,nella partecipazione popolare,nel consenso profondo” (C.Salvi, M.Villone, I costi della democrazia, 2005, p.19). I partiti deboli diventano preda dei propri boiardi che controllano pacchetti di voti, senza trascurare i poteri economici in grado di trasformare questa debolezza in opportunità da far fruttare a proprio vantaggio. I partiti senza politica, seguendo la loro logica intrinseca, hanno cercato il potere senza badare ai mezzi. Così la partecipazione popolare è stata sostituita dalla ricerca del consenso elettorale senza lesinare in promesse che si sapeva di non poter mantenere. I partiti senza cultura politica e senza intima adesione popolare hanno fatto ricorso a tecniche di persuasione mutuate dalla pubblicità commerciale, soprattutto a quelle televisive oppure, in modo più riservato, a ricerca del consenso in cambio di favori. Sono nati i partiti personali, le organizzazioni volte a procacciarsi pacchetti di voti con ogni mezzo e da vendere poi al miglior offerente. Questa ci sembra la spiegazione della pletora di liste che ad ogni tornata elettorale troviamo sulle schede, sempre più larghe rispetto alla tornata precedente. Dalla partitocrazia classica degli anni antecedenti l’89, con i suoi partiti compattati dalle ideologie, con i suoi comizi affollati, con le sue parole d’ordine pronte a far scattare il riflesso condizionato dell’applauso e del fischio, si è passati ai partiti cosche che difendono soltanto gli interessi privati del proprio personale dirigente e dei rispettivi portaborse.

6:MORTE NOSTRA VITA LORO
A riprova della sollecitudine e sistematicità con le quali molti politici,dimenticate le fatiche e le promesse della campagna elettorale,sanno provvedere alle proprie fortune, basta citare alcuni altri dati, riferibili questa volta alle istituzioni regionali. Il reddito medio pro capite nelle regioni più ricche d’Italia (Trentino Alto Adige, Lombardia,ecc.) è circa il doppio rispetto a quello delle regioni più povere (Calabria, Sicilia)(32.000 euro nelle prime contro 16.000 delle seconde). Di contro, forse a ricompensa delle fatiche spese per amministrare territori in condizioni così disastrate,i consiglieri regionali siciliani hanno ritenuto di aver diritto a un’indennità mensile di 12.434,più una diaria di 4.033 euro, che naturalmente si sono subito assegnati,ben superiori agli emolumenti dei consiglieri lombardi (8.082 e 2.602 euro rispettivamente) (C.Salvi e M.Villone,cit., p.40). Nello stesso tempo,il presidente della regione siciliana ritiene di aver bisogno dei servigi di 23 addetti stampa i quali,a differenza dei 20.000 forestali che si prendono cura di foreste che non ci sono, ma tengono famiglia e vanno regolarmente pagati,si affaticano a ritagliare gli articoli di giornali,a riunirli in raccoglitori e a trasportare questi ultimi da una stanza all’altra. Si potrebbe continuare rivelando come gli eletti nei consigli provinciali, comunali e circoscrizionali, i consulenti vari,abbiano saputo provvedere ai propri affari,senza dimenticare quelli di amici, parenti e i galoppini elettorali,adeguatamente ricompensati. Il loro esemplare attaccamento alla famiglia e agli amici, dei quali provvedono ad incrementare i cespiti,è dimostrato anche dall’interesse col quale tengono d’occhio le svendite degli appartamenti di lusso da parte degli enti pubblici. Senza dimenticare i tempi grami e la vecchiaia che, si sa, è un tempo gramo da sé.
Confessiamo di provare una certa invidia nei confronti di chi ha saputo provveder così bene a se stesso e senza dover affrontare gli incerti di una libera professione, dell’industria o del commercio, ma predicando a destra e a manca di pensare soltanto al “bene della gente”, ossia, proprio quello che la gente vuole sentirsi dire.

7:PAROLE IN LIBERTA’
Come non risparmia parole, il demagogo è esperto nell’arte di farle stare in piedi appoggiandole non alle cose, come usano le persone desiderose di farsi capire, ma ad altre parole,che è poi arte sopraffina,da paese di lunga civiltà. Predicando la difesa della libertà o della democrazia sostanziale,le cui chiavi si troverebbero nelle imprescrittibili leggi della storia,rivelate soltanto o lui, ha concorso a che si eclissasse il senso della democrazia formale,a tutto vantaggio delle sostanze dei padroni della stampa dai quali i lettori sono istruiti sul bene e sul male,sia quello generale che quello loro particolare. Un affare che non sente nemmeno il bisogno di nascondersi ma,nero su bianco,viene servito tutte le mattine,insieme alla colazione. Se poi è il caso di mettersi ad accusare il destino cinico e baro che ha popolato il nostro paese di demagoghi e padroni della stampa ed è così scarso di statisti,è questione che lasciamo ai lettori

8: RIEN NE VA PLUS
La partitocrazia rifulge nelle lottizzazioni,come quella in atto nella sanità dove frequentemente i primari ospedalieri sono scelti in base alla loro appartenenza a qualche partito, corrente o sottocorrente e non per una specifica competenza a quel ruolo (C. Salvi, M. Villone, op.cit., p. 65) ma non trascura nemmeno i profitti procurati dalle società che gestiscono i giochi d’azzardo,amministrati da uomini di fiducia dei partiti, personaggi spesso dal passato non sempre cristallino e anzi in rapporti stretti con la malavita organizzata, la cui indubbia competenza nel campo del gioco d’azzardo non è lecito mettere in dubbio. Così,accanto ai bisturi di partito si vanno profilando anche i partiti biscazzieri.

9:COME TI AFFONDO LA FLOTTA.
Un caso illuminante di amministrazione partitocratrica è quello della società Tirrenia,la più disastrata azienda di navigazione che abbia mai solcato i mari del mondo,capace di ingoiare,tra il 2002 e il 2007,oltre un miliardo di euro di finanziamenti pubblici per ripianare i disavanzi di gestione. Al lettore curioso di sapere come si sia arrivato a questi risultati,consigliamo la lettura del libro di Stella e Rizzo(G.A.Stella e S.Rizzo,La deriva, p.67). La Federlinea,è un apposito organismo che “rappresenta le società del gruppo Tirrenia nelle trattative sindacali e nella stipulazione degli accordi collettivi di lavoro, occupa in tutto 6 dipendenti,ma ha un consiglio direttivo di 8 persone,un comitato esecutivo di 4,un collegio sindacale di 5,un direttore generale e un condirettore” con stipendi all’altezza di tali altisonanti incarichi (ibidem,p.70). Il caso Alitalia meriterebbe un trattamento a parte,benché segua fedelmente il modello consolidato del denaro pubblico gestito privatamente e solidalmente da patiti di governo e quelli all’opposizione, solidali come non mai quando si tratta di sistemare adeguatamente, a spese del denaro del contribuente, i propri rappresentanti che non sono riusciti a sistemare per via di incarichi politici.

10: IL MODERNO CHE AVANZA
Per farsi un’idea di come nei nostri parlamentari le preoccupazioni per il proprio reddito siano cresciute nel tempo, può tornare utile confrontare la situazione dei primi anni di vita repubblicana con quelli dei parlamentari di oggi.
Nel primo parlamento nazionale, quello cui sedevano Einaudi, De Gasperi, La Malfa, gli emolumenti comprendevano un’indennità mensile di 65 mila lire, più una diaria di cinquemila lire per ogni giorno di seduta come rimborso spese, in tutto circa 150 mila lire al mese, equivalenti a circa cinque volte il salario medio di un operaio o impiegato. Oggi, il parlamentare gode di indennità mensile di 12.000 euro, più una diaria pure mensile di 4000 euro, che insieme corrispondono a circa 12 stipendi medi(C. Salvi, M. Villone, cit.,pp. 35-6). Senza contare rimborsi spese e agevolazioni varie e senza che la qualità media sia migliorata o la produttività aumentata.

11:La casta di G.A.Stella e S.Rizzo,il libro di Salvi e Villone su I costi della democrazia,spiegano La Deriva,pure di Stella e Rizzo proprio come quest’ultimo spiega i primi due. La ricerca dei privilegi da parte del personale partitico non si risolve soltanto in un consumo di risorse prodotte col lavoro di tutti ma, il che è ancora peggio,distorce l’azione politica e l’allontana dai suoi specifici compiti,tra i quali possiamo mettere quello di tenere le città pulite dai rifiuti e le strade senza tante buche,nonché assicurare gli ausili ottimali a malati, infanti,puerpere e senescenti, ridurre il numero delle casalinghe scippate del borsellino agli incroci delle strade. Né è da sperare che la politica si riformi da sé, visti i vantaggi che i politicanti ricavano dalla presente situazione.

12:Salvi e Villone sui controlli di merito,contabile e di legittimità sull’operato delle pubbliche a amministrazioni locali e centrali, società pubbliche a gestione privata e dirette da dirigenti di nomina partitica e lautamente pagati per fare gli interessi dei caporioni di partito, sono affidati ad agenzie il cui personale è pure di nomina politica. Se poi a qualche magistrato venisse in mente di vederci chiaro, si è provveduto a depenalizzare i reati connessi alla gestione pubblica(abuso d’ufficio, malversazione, corruzione,concussione), il che può significare soltanto fare le pentole e i coperchi.

ASTRONOMIA POLITICA

Se vogliamo comprendere qualcosa su quello che sta succedendo nel nostro paese, è inutile sfogliare i giornali, tutti al servizio di qualche generoso capitalista desideroso soltanto di educare il popolo e non, come vanno dicendo i malintenzionati, per far fruttare il suo capitale trafficando in influenze col potere politico che gestisce il pubblico denaro; o, peggio ancora, stravaccarsi dinanzi a uno schermo televisivo che mitraglia parole e immagini in tutte le direzioni e chiama questo imbonimento diurno e notturno servizio di informazione. Meglio darsi all’astronomia, disciplina antica ma che continua a godere del rispetto generale e che certo nessuno confonderebbe con l’astrologia la quale conserva l’abitudine di promettere più di quanto sa di poter mantenere, oggi apprezzata soltanto dalle signore annoiate.
Stando dunque agli studiosi della scienza astrale, una stella, dopo aver esaurito la scorta di idrogeno iniziale, specie di combustibile ideologico dal quale avrebbero inizio tutte le cose, collassa verso il centro per effetto della stessa forza gravitazionale della sua materia, incidente che, addensando le ultime riserve di ideali roventi in uno spazio ristretto, ne esalta il potenziale esplosivo. Il risultato sarà un’espansione della primitiva sfera centinaia di volte il volume normale, nel mentre il colore passa dal giallo, quello che più si confà a una stella nell’esercizio delle sue funzione di luminare del popolo, a un bel rosso vivo che, con le nuove gigantesche dimensioni, le fa meritare il nome di gigante rossa.
Tuttavia, sebbene l’esito faccia distinguere, per la gioia degli astronomi politici, la nostra amica dalle altre stelle, a causa della rarefazione estrema alla quale è giunto lo scoppiettante materiale ideologico degli inizi, essa non irradia più quella luce, combinata a un adeguato flusso di calore, che per l’addietro servivano a illuminare e scaldare i cervelli più pronti ad agitarsi e annunciare buone novelle; decadenza che ha finito per farla confondere con le altre stelle tutte disposte ad indirizzare le anime che svolazzano sui sentieri del mondo in cerca di giorni migliori. La responsabilità di tutto questo non va attribuita al fato o alla storia, venuta meno al suo dovere, che è quello di confermare le previsione di noti astronomi sociali dell’Ottocento, ma alla nota illusione ottica secondo la quale le cose, che da lontano sembrano possedere tutte le attrattive immaginabili, viste da vicino rivelano soltanto i difetti dovuti all’imperizia dei loro creatori. Perciò la nostra gigante rossa, col cervello appesantito dai materiali incombusti di tante battaglie e da quell’entusiasmo artificiale che un giorno non molto lontano faceva risuonare in tutte le nostre piazze slogan incendiari allo scopo di far sorgere il sol dell’avvenire a furia di passeggiate all’aria aperta, deve fare i conti con la cenere degli incendi che nel frattempo si è venuta a depositare sui pensieri dei suoi seguaci. Si cerca ancora di far sprizzare le ultime scintille da frasi che, ripetute ad ogni occasione, ormai si fanno notare per il loro effetto soporifero, preferendo perciò per farle arrivare alle orecchie della gente ai libri indigesti i megafoni che capitalisti di animo progressista e noti per il loro spirito caritatevole mettono a disposizione degli amici del popolo. Talché la stessa crescita del volume e l’amicizia disinteressata dei capitalisti ha consentito alla gigante rossa di penetrare in tutti gli interstizi della società, e quindi occupare le lucrose poltrone dei servizi pubblici, dei ministeri, delle società finanziarie ed editoriali, delle banche e dei sindacati, tutte ormai che brillano della nuova luce vespertina. La stessa consistenza impalpabile e nebulosa raggiunta della sua materia le consente poi di assumere le forme suggerite dalle occasioni del momento, e così l’oggi non sarà mai ritenuto responsabile di quello che è stato fatto ieri.
Tanto affaccendarsi attorno alle banche e alla finanza basta a far dire ai campioni del progresso che la fatidica “forza propulsiva” non è ancora venuta meno e d’altra parte, quando si guarda il mondo standosene seduti su una comoda poltrona ministeriale o finanziaria l’ultima cosa di cui preoccuparsi e quella che riguarda il proprio futuro, soprattutto quando le stelle predicono giorni funesti soltanto per i popoli, notoriamente formato da peccatori contro la storia e per di più all’oscuro su quello che succede nelle sfere celesti.
Ma l’evoluzione di questa nuova specie di stella, nell’Europa civile ben visibile soltanto dal nostro paese, non finisce qui.
A un certo punto la gigante rossa, dimenticati gli slogan battaglieri di una volta, collassa su se stessa e si trasforma in nana bianca che, nonostante la sua piccolezza, continua ad irradiare la slavata sua luce a uso del popolo dai lucrosi posti che le mette a disposizione l’altruistica finanza. E se si aspetta ancora un po’di anni, si potrebbe vedere anche la nana bianca spegnersi e diventare stella di neutroni, una massa senza più luce e calore in eterna rotazione su se stessa tenuta in vita dai vitalizi conquistati nei giorni migliori e da qualche straordinario guadagno extra ottenuto trafficando nel sottobosco della politica.

LA FAVOLA DEI PESCECANI E DEI PESCI ROSSI

Grande subbuglio nel reef. Da un po’ di tempo a questa parte, i tonni e i merluzzi, che erano il pasto preferito dei pescecani, non si fanno più vedere in giro. Rincantucciati in qualche fessure inespugnabile delle rocce, si guardano bene dall’uscirne per fare da pietanza ai pescecani, che ovviamente non possono essere contenti della piega che vanno prendendo le cose. Urge perciò convocare il Gran Consiglio dei pescecani per discutere la grave questione ed eventualmente trovarvi il rimedio. Presiede la riunione, anche in virtù della sua mole e delle sue abitudini alimentari, lo Squalo Balena che subito apre i lavori.
Il primo a prendere la parola è il più noto killer degli oceani, lo Squalo Tigre che secondo le cronache tenne all’affollata assemblea pressappoco questo discorso: “ Esimi colleghi, come ben sapete, siete stati convocati per discutere a fondo la grave questione all’ordine del giorno: la sparizione dal reef dei tonni e dei merluzzi che ci rifornivano di pranzo e cena. Non conosciamo nei dettagli la causa di una simile mancanza di collaborazione da parte di questi signori, ma si può supporre che sia in atto qualche congiura ai nostri danni per privarci del nostro sacrosanto diritto di pasteggiare con carne fresca tutte le volte che ne sentiamo il desiderio. La mia proposta perciò è di mandare in giro squadre di Pesci Martello, armati di bastone e manette, con l’incarico di scovare dai loro nascondigli tutti i tonni e i merluzzi che riescono a trovare e farli finire seduta stante sui nostri piatti”. Gli scrosci di applausi che accompagnarono la fine di questo discorso volevano significare che la proposta aveva toccato il cuore di tutta l’assemblea. Ma non quello dello Squalo Bianco, che infatti chiese la parola che gli fu subito concessa dal gentile presidente.
“Ho ascoltato con attenzione e rispetto la proposta del collega che ha appena parlato, ma mi dispiace di dover dissentire. Mandare in giro squadre di picchiatori non sarebbe una politica abile e si potrebbe ritorcere a nostro danno. Infatti, una tale esibizione di forza e appetito non farebbe altro che allarmare tutti i pesci del reef, che temerebbero di finire nei nostri piatti anche se  è proprio questa la nostra intenzione perché nei pesci piccoli c’è poca sostanza e in quelli armati di guscio non c’è nessuna voglia di collaborare e appena vedono avvicinare uno della nostra specie tirano giù la saracinesca e buona notte al secchio. A mio parere, modesto finché si vuole, una proposta migliore in tale senso, e che per di più non agiterebbe troppo le acque, sarebbe di non andare in giro mettendo in bella mostra tutti i denti di cui madre natura ci ha provvisti, che non è una vista rassicurante per nessuno. Propongo perciò di dipingervi sopra fiori con i colori più vivaci, cosa che non ne limita la capacità di presa e triturazione ma, senza provocare lo spavento generale, farebbero accorrere verso di noi tonni e merluzzi che ora se ne stanno alla larga poco rassicurati dal gentile spettacolo offerto dalla nostra bocca spalancata” .
Anche questa proposta floreale fu accolta con scrosci di applausi non di prammatica.
Dopo varie altre proposte dello stesso tenore, che tuttavia non smossero l’assemblea dal punto morto in cui era caduta, si levò in piedi il rappresentante dei Pesci Rossi che assisteva al dibattito in veste di osservatore e collaboratore esterno. Questi infatti non pescano le loro prede nel reef e nemmeno nei tempestosi fondali oceanici, ma se ne stanno tranquilli sulla terra ferma, vicino alle pubbliche dispense dove sono custoditi i pesci in salamoia che formano il loro pasto abituale, senza contare quelli che dostribuiscono generosamnteai loro amici pescecani, soprattutto quando nessuno sta a guardare. Come  amico e dispensiere dei pescecani aveva quindi le carte in regola per intervenire. Perciò chiese a sua volta la parola che gli fu subito accordata.
“Signor presidente e spettabili rappresentanti di tutte le razze di pescecani, le proposte che ho appena  ascoltato, soprattutto quella di carattereeergico di affidare ai pesci martello il compito di stanare tonni dai nascondigli in cui si sono nascosti, muscolare , mi trovano concorde e forse un giorno, quando non avremo nulla da temere dalla cattiva che un simile comporta,mento co procurererbbe arriveremo ad attuarle, ma reputo, che oggi come oggi, i tempi non siano ancora maturi per imporre con la forza il nostro volere a tutto il reef , ed eventualmente con la somministrazione di massicce dosi di olio di ricino per rendere più convincenti i bastoni e perciò vanno accantonate. Lo stratagemma di camuffare i denti con le immagini di fiori, merita pure il nostro apprezzamento, perché non ci procura molte simpatie andando in giro a bocca spalancata come a dire “vieni qua che ti voglio divorare” e quindi possiamo adottarla se l’occasione lo richiede. Ma la politica migliore, a nostro giudizio, voglio dire a giudizi della congrega dei pesci rossi, quella che possiamo chiamare di svolta, deve prendere tutt’altra direzione. Per non alienarci troppe simpatie e tranquillizzare gli abitanti del reef, siano sardine con poca carne addosso e trascurate da voi, che i grassi tonni, a giudizio di chi vi sta parlando la via migliore sarebbe quella di convincere l’opinione pubblica, con ben orchestrate campagne di propaganda, che i veri benefattori del reef siete voi mentre tonni e merluzzi, che si rifiutano di farsi mangiare, sono soltanto dei reazionari nemici del progresso. Soprattutto le sardine, che sono il cibo preferito di questi ultimi e accorrono in banchi folti per raccogliere le briciole dei vostri pasti, dovrebbero sentirsi rincuorati e persino fare il tifo per voi. Con le masse delle sardine dalla nostra parte, non dovrebbe essere difficile orientare tutto l’opinione pubblica facendo credere che se il vostro cibo preferito sono tonni e merluzzi non siamo mossi dall’appetito ma dalla solidarietà con la massa delle sardine che non fanno parte della vostra dieta in quanto poco consistenti. E se pagate bene i giornalisti, vedrete i miracoli che si possono fare ripetendo questa storiella“.
L’ultimo discorso fu approvato con molti applausi e qualche fischio. Questi ultimi provenienti dal settore occupato dai piccoli squali che, non avendo accesso diretto ai tonni e alla dispensa comune, non erano nelle condizioni di poter disdegnare le sardine .

POPULISMI E POLITICISMI(Le basi della partitocrazia)

Invece che di popoli, oggi si fa un gran parlare del populismi da parte tanto dei politici di professione che dei rappresentanti dei trust editoriali finanziari dai quali i primi prendono ordini, se si tratta di politici di seconda linea, o contrattano, come fanno quelli di prima linea.  La situazione insolita, o sin troppo solita,  può destare l’allarme di quanti hanno motivo di osservare il progressivo arretramento dei popoli che vanno perdendo sempre più  posizioni oggi giorno che passa e sono costrette a rinunciare a nuove aspettative, in ogni caso merita qualche riflessione. Quanti  non si contentano di ripetere le parole d’ordine messe in circolazione dai signori del denaro, che come lo spirito regnano in terra, in mare, nell’aria e in ogni altro luogo, dandosi a vedere come Jehova soltanto nelle tempeste finanziarie scatenate sulla testa dei popoli che non riconoscono la sua potenza e saggezza, può scorgere l’opera di qualcosa nello stesso tempo  nuovissimo e antichissimo.

Il ruolo eminente di indicare la direzione di marcia della civiltà un giorno era assegnato ai padroni  del vapore, o da coloro che volevano toglierli di mezzo mettendosi al loro posto per far lavorare il vapore a beneficio di tutti e non di pochi.  Purtroppo, da quando nelle nostre contrade  le fabbriche sono state sostituite dai saloni di bellezza e dalle agenzie di viaggi, i popoli non ne vogliono più sapere del vapore e si sono dati ad ascoltare quanti promettono vacanze sempre più lunghe in spiagge sempre più lontane ed assolate o in montagne sempre più alte e innevate. Il tutto, per la gioia delle agenzie bancarie che vanno moltiplicandosi accanto alle agenzie viaggi. La situazione sembrerebbe ideale, o vicino all’ideale, perché in fondo nessuno ha mai creduto veramente alla vecchia favola che bisogna guadagnarsi il pane col sudore della fronte, o che si sia condannati a sudare  nell’età del ferro invece che vivere nell’ età dell’oro, dove se si suda è nelle palestre per smaltire il grasso accumulato con diete eccessive.

Sembrerebbe, perché il passaggio da un mondo di mestieri a uno in cui si attende il fine settimana festivo per sfogare i desideri repressi nei giorni feriali ha avuto anche la conseguenza di  separare l’uomo da quello che fa, dalla conoscenza degli oggetti che usa e quindi anche della  conoscenza di se stesso e degli altri, arte indispensabile per guidarsi e non farsi guidare, nelle cose piccole come in quelle grandi. Senza un vero interesse in ciò che fa, l’uomo motorizzato può  rinviare a data da destinarsi l’incontro con se stesso, il quale peraltro è destinato a sfuggirgli perché, alimentato dal pensiero e dalle opere, dagli incontri e dagli scontri con gli altri, esso non può che deperire in mezzo ad oggetti che non guardano in faccia a nessuno e tantomeno parlano al cuore o alla testa.

In altri tempi la politica era  l’arma di difesa e attacco da parte di un ceto medio istruito e intraprendente  in lotta con un potere monarchico che usciva dalle battaglie e dai tornei medievali, dove al minimo diverbio  si facevano roteare le mazze ferrate, non rispondeva dei suoi atti e tassava senza chiedere  alcun parere ai sudditi ma anzi mandando esattori armati di picche a bussare alle loro porte e imprigionando i renitenti , che non è un bel modo di discutere. Con la politica si voleva superare la frantumazione degli interessi che esponeva  quel ceto alle rapine di un potere che non sapeva e voleva spiegarsi. Insomma, si comprendeva che le pacifiche attività del fare e scambiare possono prosperare soltanto con quell’organizzazione delle volontà individuali con cui moltiplicare la forza di ciascuna di esse. Se sulle sue bandiere scriveva libertà di associazione, di stampa e opinione era perché si riconosceva che la via dell’organizzazione passa per la formazione di un’opinione pubblica, nella quale tutte le opinioni personali, invece di venire rigirate nelle teste dove hanno agio di indurirsi, o confondesi nell’indistinto di un valore medio nel quale le differenze spariscano,  trovano il modo per chiarirsi a se stesse e agli altri e diventare così principio d’azione. Grazie alla sua capacità di saper leggere nei fatti del mondo, capacità che non si acquista certo subendoli bensì  producendoli, questo ceto poteva armarsi di quelle istituzioni di garanzia che rompeva la trama del potere, il suo istinto a far riferimento soltanto su se stesso, e lo costringeva a spiegare e ad ascoltare le spiegazioni dei sudditi.

La premessa ci offre l’occasione per caratterizzare i populismi odierni come quei movimenti in cui si esprimono i sentimenti confusi di una  generalità che nei giorni delle speranze superlative, non molto lontani, si radunava nelle piazze per esprimere  a furia di slogan battaglieri definitive verità storiche e dialettica,  ripetute ogni fine settimana per renderle anche più convincenti. Oggi che gli slogan di una volta non sono più in grado di canalizzare gli scontenti nelle direzioni precise stabilite dai loro creatori,  nessun argine si oppone all’irruzione nelle teste delle passioni che sogliono muovere i popoli, soprattutto quelli dal sangue caldo ma che non lasciano indifferenti nemmeno quelli dal sangue freddo. Il cambiamento non è passato inosservato ai professionisti della spiegazione  che vanno assicurando,  a chi li sta a sentire, che non siamo in presenza di un logica conseguenza del tramonto delle spiegazioni a furia di slogan bensì di una pericolosa degenerazione che ha colpito i popoli ormai orfani delle spiegazioni storiche e dialettiche che un giorno illuminavano le menti e scaldavano i cuori.  Invece di rispettare il profondo istinto dei popoli i quali hanno intuito che la concentrazione degli interessi della quale vediamo ogni giorno gli effetti non può che avvenire a suo danno, essi, alleati con quello della spiegazione a pagamento, vanno ripetendo che è lo spirito di solidarietà, materialistico, cristiano o capitalistico, oggi quanto mai attivo, a volere tutto questo,  mentre  la politica non fa che combinare guai.

Il politicista si presenta dunque come l’esatto contrario, o l’esatto complementare, del populista. Se costui entifica i desideri e timori dei popoli senza preoccuparsi di interpretarli, senza quindi farne con la comunicazione  forze in grado di promuovere  più razionali forme di vita sociale, il politicista si fa un punto d’onore nel coprire con un linguaggio dal vago aroma  politico gli interessi dei poteri che non hanno altra giustificazione che la capacità di pagare coloro che li difendono contro quei popoli ai quali hanno estorto e continuano ad estorcere fatiche e risorse. In altre parole, i  popoli reagiscono istintivamente all’indottrinamento di idee generali e generose  al quale vien sottoposto dal politicista, sospettandovi sotto a ragione qualche secondo fine, ma senza dare ai suoi bisogni una forma tale da trasformarle in scopi e azioni all’altezza dei problemi da cu sono attanagliati.

A questo punto, l’intento del politicista diventa scoperto. Egli non ha soltanto di mira i vantaggi del potere per se stesso e i suoi protettori, ma pensa anche a come  renderli permanenti perché riconosce che il nemico da cui guardarsi è l’organizzazione degli sfruttati, perché ogni volta che si trama contro la politica lo si fa in nome dello sfruttamento delle minoranze organizzate contro la maggioranza disorganizzata.

In ogni caso, l’apparizione nella nostra epoca di entrambi i personaggi segnala il nuovo equilibrio di forze che si va instaurando nell’arena sociale, dove il denaro, finalmente libero da ogni intralcio morale, politico, religioso, e persino dal dovere della spiegazione, può mettere al suo servizio un potere tecnico che per principio rinuncia cercarne.   Rese impenetrabili le decisioni politiche alle normali intelligenze che giudicano dai fatti che percepiscono o che esse stesse contribuiscono a produrre, i partiti diventano associazioni di privati in lotta per conquistare i favori dei signori del denaro, processo che ha acquistato il nome malfamato di partitocrazia.  I politicisti non hanno più nemmeno bisogno di rispondere agli elettori, bastando loro rispondere ai signori del denaro che li sostengono con la loro stampa. Si tratta alla fine di un notevole progresso rispetto alle ingenue richieste di libertà di opinione, di associazione e di stampa che caratterizzavano l’attitudine culturale, sociale e politica del ceto medio agli albori dell’epoca moderna, nonché la sua comprensione che la via dell’emancipazione può passare soltanto per l’organizzazione. Con i mezzi di informazione in mano ai padroni del denaro, nel mondo dei populisti-politicisti le opinioni con diritto alla circolazione saranno soltanto quelle messe che garbano a quanti le producono e ne traggono vantaggio e che nello stesso tempo, fanno capire ai  popoli che le sue disgrazie sono il risultato della sua scarsa propensione, che invece è straboccante nei capitalisti,  ad andare al soccorso di quanti soffrono.

ITTIOLOGIA FINANZIARIA(Una scienza utile per sopravvivere nel mondo globale)

Più ci si immerge nelle profondità degli oceani finanziari, più si esplorano i suoi anfratti dove la luce del sole fa fatica a penetrare, più strane creature vengono scoperte, sebbene è da dirsi che non vi manchino nemmeno quelle già studiate e classificate nelle loro attitudini specifiche dai manuali scientifici. Nelle grandi distese oceaniche i loro corpi flessuosi si muovono liberamente e cautamente, come si conviene a persone discrete, senza mai compiere un gesto brusco. Se  lanciano segnali tranquillizzanti, non lo fanno certo perché si sono convertiti a  più miti comportamenti alimentari ma per non allarmare le possibili prede, leste a mettere al riparo il gruzzoletto  faticosamente radunato sotto il materasso. La tecnica mimetica preferita da queste creature sempre affamate consiste nel rivestirsi dei colori che più allettano gli abitanti del reef, a loro volta alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti, e se il rosso, il colore dei futuri radiosi, sembra fatto apposta per attirare quanti vivono con la speranza di un pasto gratis, nemmeno l’azzurro, come più facile a mimetizzarsi nell’acqua circostante, viene trascurato.

L’arte mimetica ha la sua utilità perché serve a disorientare le future  vittime le quali, nella loro semplicità e ignoranza delle regole che vigono nei fondali oceanici, scambiano le paroline dolci, che non costano nulla come le promesse, per il dolce che viene servito a fine pranzo. Altrettanto efficace è l’arte intimidatoria, che consiste nel galleggiare mettendo in mostra tutti i denti per far sapere chi comanda. In una simile arte, che si impara ascoltando la voce dello stomaco, serve più la dotazione naturale,  avere denti e artigli affilati ed un  apparato di sensi sviluppato più che negli altri animali e atto a guidare  verso le prede che a questo punto possono soltanto sperare nella velocità delle loro pinne.

Gli squali bianchi sono chiamati in questo modo per avere il ventre di un colore bianco latteo. Ma questa è la sola nota gentile che li  caratterizza perché il loro sguardo di animali preistorici non lascia dubbi sulle loro intenzioni. Possiedono mascelle armate di doppia fila di denti adatti sia per afferrare  e trattenere le prede, che sono soliti  ingoiare per intero, scheletro compreso.  Infatti, hanno un morso caratterizzabile tecnicamente come frontale, a viso aperto, come nella borsa valori, dove effettivamente non si fanno prigionieri, sebbene non disdegnino attaccare lateralmente, da destra o da sinistra per loro fa lo stesso, almeno a giudicare dalle impronte lasciate dai denti sulla carne di quanti hanno avuto la fortuna di  lasciare  nelle loro bocche soltanto una parte di se stessi, oppure scorrendo i loro giornali grondanti di altruismo e solidarietà con quelli che chiamano gli “svantaggiati”.

Preferiscono cacciare nelle profondità dei fondali marini, insieme ad altri mostri voraci, a causa della scarsa luce che vi penetra dall’alto e dove il profano si smarrirebbe nella vegetazione dei termini tecnici e delle leggi che contribuiscono a renderli ancora più impenetrabili, essi trovano l’ambiente più favorevole alla riuscita delle loro imprese. Hanno un appetito insaziabile e in un solo pasto possono ingoiare carne sino ad un sesto del loro peso, come hanno scrupolosamente calcolato gli scienziati del ramo. Cacciano da soli o in branchi, preceduti e seguiti da  codazzi di ciarlieri animali marini dai colori vivaci utili per attirare le vittime predestinate, ricompensati con gli avanzi dei pasti, ma pur sempre sostanziosi. Branchi di questi squali vengono avvistati nel reef caraibico, dove sono una specie protetta dalle legislazioni locali che così diventano benemerite  nei riguardi della protezione di questa speciale fauna marina.

Con tutto il loro appetito insaziabile, si tratta alla fine di animali riservati ed è raro che vengano alla superficie, ma allora, attirati dall’odore dei risparmi dell’ignaro  pensionato o della casalinga ancora più ignara,  prediligono cacciare nelle vicinanze delle banche, soprattutto di quelle dalla denominazione più caritatevole o che addirittura dicono di essere sotto la protezione di qualche santo.

Lo squalo tigre invece usa frequentare le acque base e cacciare di notte, per sfruttare meglio la capacità di visione dei suoi occhi adattati alla vita  notturna. E questo non perché sia stato messo sulla strada del malaffare dalla cattiva compagnia, come si dice di ogni teppista,  ma perché è un delinquente nato. Infatti, dietro la retina ha una membrana che riflette la scarsa  luce notturna  col risultato di aumentarne la capacità di visione.  Si avvicina furtivamente alla preda, che afferra dal davanti e ingoia per intero, aiutato in questo dalle sue mascelle svincolate dal cranio, accorgimento che serve ad amplificare l’apertura della bocca. Come gli altri squali, anche lo squalo tigre è molto sensibile al rumore, a quelli che gli segnalano  l’approssimarsi della preda come agli altri che vengono fatti intorno alle sue imprese che potrebbero metterlo in cattiva luce di fronte all’opinione pubblica del reef. Essi infatti  non prendono sotto gamba la reputazione, soprattutto perché i pesciolini che sono le loro vittime giudicano soltanto sulla base della reputazione, che oggi vengono fate da giornali e televisioni di proprietà degli stessi squali, le sole finestre attraverso le quali essi  guardano il mondo.

Anche lo squalo detto tagliatore ci tiene al rispetto generale, a passare per amico del popolo e del progresso ed è fornito di due formidabili file di denti, una superiore  per afferrare e una inferiore per strappare la carne della vittima, con le quali mette in pratica il suo intento filantropico. Tuttavia, le fauci dello squalo tagliatore sono un giochetto per bambini rispetto a quelle dello squalo della Groenlandia, che si segnala per la sua tecnica raffinata,  certamente frutto di una lunga evoluzione,  che consiste nell’afferrare la preda e poi girare su se stesso per strappare il morso. A sua volta,  con tutti i suoi doni di natura, lo squalo della Groenlandia farebbe una ben magra figura rispetto a quello detto del collare, dotato di un’apertura mascellare enorme che gli permette di ingoiare la vittima per intero. Si dirà che la colpa è della vittima che, mettendo piede in una banca,  si è pure messa in affari con i pescecani, i quali sono così cortesi da  mettere i clienti dinanzi a una selva di clausole la cui oscurità non diminuisce per il fatto che sono scritte in caratteri microscopici. E poi ci si lamenta se i semplici finiscono nelle reti dei complessi. Lo squalo del collare non usa né parole suadenti né ragionamenti capziosi per attirare le sue vittime, ma si limita ad irradiare strane luminescenze colorate che possono andare dal verde al rosso,  per definizione i colori del progresso e dell’avvenire, come ripetono alcune  canzonette un giorno alla moda tra i lavoratori.

Resterebbe da dire qualcosa di un altro insigne abitante degli oceani finanziari: lo squalo balena, il quale deve sì distinta denominazione non tanto alla sua mole, peraltro considerevole, ma per avere al posto dei denti che sembrano fatti apposta all’omicidio o, almeno, al furto violento,  un sistema di fanoni simili a quelli delle balene, adatte più a imprigionare i piccoli animaletti che entrano nella sua bocca che a mordere e lacerare. Le sue abitudini alimentari lo portano quindi a rivolgersi alle “masse” piuttosto che alle prede di grossa taglia, essendo il suo pasto ordinario fornito dai branchi di sardine, che si sentono al sicuro, protette tanto dalla loro piccolezza che dall’anonimato del numero. Le tecniche di caccia dello squalo balena sono perciò più mirate ed elaborate e si giovano della cooperazione di tonni dalla parlantina sciolta, quella che ci vuole per convincere le sardine parlando da uno schermo televisivo, tra i bagliori di luci fosforescenti  che bastano da soli ad abbagliare e incantare lo spettatore serale . Esso infatti si avvicina al branco, apre la bocca e se ne sta immobile mentre i torni si danno da fare per spingere le sardine ad entrarvi, certamente usando gli argomenti più adatti. I quali a lavoro terminato, saziata la loro fame con le briciole lasciate dal padrone,  se ne tornano a casa convinti di aver compiuto opera meritoria, come deve venir considerata quella di dar da mangiare agli affamati.