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OSSERVATORIO SULLA PARTITOCRAZIA

1:AVVERTENZA AL LETTORE
Sovrapporre ai sorrisi delle grandi occasioni sfoggiati dagli uomini di partito nei manifesti elettorali, che a scadenze regolari fanno bella mostra di sé sui muri delle nostre città, non le loro parole ma la pratica che vi dovrebbe corrispondere, non significa certo alimentare il sospetto come di chi non voglia lasciarsi accalappiare da un incantesimo alla portata persino dei commessi di negozio. Si tratta invece di un atteggiamento salutare, perché se le parole sono qualcosa di più dell’aria mossa nel pronunciarle, lo si deve al fatto che ne richiamano molte altre, necessarie del resto per garantire dell’animo veritiero delle prime. Se poi invece dello sfoggio di una dentatura ben curata vengono offerti volti pensosi del pubblico bene, il nostro atteggiamento a ricercare le pulci non cambia, come non cambia quando ci capita di ascoltare gli illusionisti dalla parola scorrevole mentre seminano in mezzo al vasto pubblico le illusioni che fanno andare a letto con qualche speranza in più. Perdere l’antica fede nelle magiche virtù delle parole, convincersi del tramonto definitivo del sol dell’avvenire, può alla fine non risultare un male perché significa guardare alle cose di questo mondo senza le confortevoli illusioni di una volta e quindi andare a letto soltanto per riposare e non per lasciarsi cullare dall’idea del dolce che ci aspetterebbe al risveglio.

2: COME TI ERUDISCO IL PUPO
Vogliamo partire col nostro notiziario sulla partitocrazia(termine coniato dal giurista Giuseppe Maranini nel 1949)da alcuni dati grezzi, ma non per questo meno significativi. A guardar bene, nella loro semplicità essi lasciano trasparire, come attraverso un prisma ottico, tutta la potenza devastante di una distorsione della vita economica, sociale e politica del nostro paese per lungo tempo scambiata per condizione di normalità.
Secondo l’Ocse, l’Italia occupa il penultimo posto, tra i paesi che fanno parte di questa organizzazione, per la quota di PIL dedicata alla scuola,il 4,5 % contro il 6 % medio degli altri paesi(dati 2009). In compenso,per la statistica riportata nella tabella sottostante, il numero degli eletti alle cariche pubbliche, regolarmente stipendiati,con i soliti familiari e amici a carico, si aggira intorno a 144.000,circa la somma di tutti gli eletti in tre paese Spagna, Francia e Germania messi insieme. Senza contare l’esercito,anche più numeroso e combattivo di quello dei politici,dei consulenti e degli amministratori pubblici di nomina politica, spesso uomini di partito trombati in qualche turno elettorale, pure loro con famiglia a seguito con giuste esigenze famigliari a soddisfare.

3:INFORMAZIONI PER FARSI UN’IDEA PIÙ PRECISA DELLA PARTITOCRAZIA
Il 2° Rapporto UIL sui costi della politica del luglio 2012, offre un quadro abbastanza completo e attendibile dei costi diretti e indiretti della partitocrazia, ossia, della quota di ricchezza nazionale di cui i partiti, in un modo o nell’altro, si appropriano e che potrebbe venir impiegata per scopi sociali o produttivi.
Secondo l’ultima inchiesta di questa organizzazione sindacale, oltre 1,1 milioni di persone in Italia vivono direttamente o indirettamente di politica, con una spesa annuale di 23,1 miliardi di euro. Come visto sopra, di queste, 144.000 occupano il loro posto per mandato elettorale, come ministro, parlamentare, consigliere o assessore nelle giunte regionali, provinciali e comunali. Ad essi vanno aggiunti 24. 000 consiglieri di amministrazione delle 6978 società partecipate, con un costo complessivo di 2,6 miliardi di euro l’anno, nonché un esercito di consulenti, perché si deve supporre che consiglieri e politici siano dei perfetti ignoranti nelle questioni amministrative, che comportano una spesa di circa 3 miliardi di euro
La UIL ipotizza che riportando i costi della politica al suo livello fisiologico, si possa realizzare un risparmio di circa 10,4 miliardi di euro l’anno.
Un quadro più completo della pletora di faccendieri che gravitano attorno alla politica, si dovrebbe dire attorno al bilancio pubblico, è riportato nella tabella sottostante.

NUMERO DI PERSONE IN POLITICA(elaborazione UIL)

ENTI NUMERO

Parlamento e governo 1067
Province 3857
Comuni 137.936
CDA aziende pubbliche 24.432
Collegi revisori, collegi sindacali PA e aziende pubbliche 44.165
Personale di supporto politico 38.120
Apparato politico 390.620
Incarichi e consulenze PA e aziende pubbliche 487.949      

4:REVISIONO DUNQUE SONO
Poiché il rappresentante di partito è ricco di parole sonanti con le quali il vasto pubblico viene nutrito e illuso, vogliamo ricordare alcuni fatti che meglio di un lungo discorso possono darci l’idea delle sue capacità di badare ai fatti, soprattutto quando si tratta di avviare un progetto per i cammini tortuosi delle revisioni di spesa(in alto) a vantaggio degli amici e proprio, dote necessaria nella lotta per la sopravvivenza.
Il costo per chilometro dell’Autostrada del Sole(iniziata nel 1963) viene stimato in circa 4 milioni di euro in valuta d’oggi. Per costruire i 23 chilometri della Conegliano-Pordenone, iniziata nel 1986 e non ancora ultimata, sono stati spesi 22 milioni di euro per chilometro (G.A.Stella, S.Rizzo: La deriva, 2008,p.21). Aggiungiamo che la Metropolitana di Milano è costata 130 miliardo per chilometro,a fronte di un costo di 45 per quella di Francoforte. Come mai? si chiederà lo smarrito cittadino. Al lettore la non ardua risposta.

5: CARNE DA MACELLO
”Bisogna in specie sfatare il luogo comune tutto italiano,secondo il quale ci sarebbe un rapporto causale tra partiti forti e corruzione politica. La corruzione si diffuse invece quando i partiti smarrirono la funzione essenziale di concorrere con metodo democratico alla vita politica nazionale,…,e divennero partitocrazia,cioè occupazione del potere. Partiti forti nell’occupare il potere ma deboli nella loro intima funzione sociale,nella partecipazione popolare,nel consenso profondo” (C.Salvi, M.Villone, I costi della democrazia, 2005, p.19). I partiti deboli diventano preda dei propri boiardi che controllano pacchetti di voti, senza trascurare i poteri economici in grado di trasformare questa debolezza in opportunità da far fruttare a proprio vantaggio. I partiti senza politica, seguendo la loro logica intrinseca, hanno cercato il potere senza badare ai mezzi. Così la partecipazione popolare è stata sostituita dalla ricerca del consenso elettorale senza lesinare in promesse che si sapeva di non poter mantenere. I partiti senza cultura politica e senza intima adesione popolare hanno fatto ricorso a tecniche di persuasione mutuate dalla pubblicità commerciale, soprattutto a quelle televisive oppure, in modo più riservato, a ricerca del consenso in cambio di favori. Sono nati i partiti personali, le organizzazioni volte a procacciarsi pacchetti di voti con ogni mezzo e da vendere poi al miglior offerente. Questa ci sembra la spiegazione della pletora di liste che ad ogni tornata elettorale troviamo sulle schede, sempre più larghe rispetto alla tornata precedente. Dalla partitocrazia classica degli anni antecedenti l’89, con i suoi partiti compattati dalle ideologie, con i suoi comizi affollati, con le sue parole d’ordine pronte a far scattare il riflesso condizionato dell’applauso e del fischio, si è passati ai partiti cosche che difendono soltanto gli interessi privati del proprio personale dirigente e dei rispettivi portaborse.

6:MORTE NOSTRA VITA LORO
A riprova della sollecitudine e sistematicità con le quali molti politici,dimenticate le fatiche e le promesse della campagna elettorale,sanno provvedere alle proprie fortune, basta citare alcuni altri dati, riferibili questa volta alle istituzioni regionali. Il reddito medio pro capite nelle regioni più ricche d’Italia (Trentino Alto Adige, Lombardia,ecc.) è circa il doppio rispetto a quello delle regioni più povere (Calabria, Sicilia)(32.000 euro nelle prime contro 16.000 delle seconde). Di contro, forse a ricompensa delle fatiche spese per amministrare territori in condizioni così disastrate,i consiglieri regionali siciliani hanno ritenuto di aver diritto a un’indennità mensile di 12.434,più una diaria di 4.033 euro, che naturalmente si sono subito assegnati,ben superiori agli emolumenti dei consiglieri lombardi (8.082 e 2.602 euro rispettivamente) (C.Salvi e M.Villone,cit., p.40). Nello stesso tempo,il presidente della regione siciliana ritiene di aver bisogno dei servigi di 23 addetti stampa i quali,a differenza dei 20.000 forestali che si prendono cura di foreste che non ci sono, ma tengono famiglia e vanno regolarmente pagati,si affaticano a ritagliare gli articoli di giornali,a riunirli in raccoglitori e a trasportare questi ultimi da una stanza all’altra. Si potrebbe continuare rivelando come gli eletti nei consigli provinciali, comunali e circoscrizionali, i consulenti vari,abbiano saputo provvedere ai propri affari,senza dimenticare quelli di amici, parenti e i galoppini elettorali,adeguatamente ricompensati. Il loro esemplare attaccamento alla famiglia e agli amici, dei quali provvedono ad incrementare i cespiti,è dimostrato anche dall’interesse col quale tengono d’occhio le svendite degli appartamenti di lusso da parte degli enti pubblici. Senza dimenticare i tempi grami e la vecchiaia che, si sa, è un tempo gramo da sé.
Confessiamo di provare una certa invidia nei confronti di chi ha saputo provveder così bene a se stesso e senza dover affrontare gli incerti di una libera professione, dell’industria o del commercio, ma predicando a destra e a manca di pensare soltanto al “bene della gente”, ossia, proprio quello che la gente vuole sentirsi dire.

7:PAROLE IN LIBERTA’
Come non risparmia parole, il demagogo è esperto nell’arte di farle stare in piedi appoggiandole non alle cose, come usano le persone desiderose di farsi capire, ma ad altre parole,che è poi arte sopraffina,da paese di lunga civiltà. Predicando la difesa della libertà o della democrazia sostanziale,le cui chiavi si troverebbero nelle imprescrittibili leggi della storia,rivelate soltanto o lui, ha concorso a che si eclissasse il senso della democrazia formale,a tutto vantaggio delle sostanze dei padroni della stampa dai quali i lettori sono istruiti sul bene e sul male,sia quello generale che quello loro particolare. Un affare che non sente nemmeno il bisogno di nascondersi ma,nero su bianco,viene servito tutte le mattine,insieme alla colazione. Se poi è il caso di mettersi ad accusare il destino cinico e baro che ha popolato il nostro paese di demagoghi e padroni della stampa ed è così scarso di statisti,è questione che lasciamo ai lettori

8: RIEN NE VA PLUS
La partitocrazia rifulge nelle lottizzazioni,come quella in atto nella sanità dove frequentemente i primari ospedalieri sono scelti in base alla loro appartenenza a qualche partito, corrente o sottocorrente e non per una specifica competenza a quel ruolo (C. Salvi, M. Villone, op.cit., p. 65) ma non trascura nemmeno i profitti procurati dalle società che gestiscono i giochi d’azzardo,amministrati da uomini di fiducia dei partiti, personaggi spesso dal passato non sempre cristallino e anzi in rapporti stretti con la malavita organizzata, la cui indubbia competenza nel campo del gioco d’azzardo non è lecito mettere in dubbio. Così,accanto ai bisturi di partito si vanno profilando anche i partiti biscazzieri.

9:COME TI AFFONDO LA FLOTTA.
Un caso illuminante di amministrazione partitocratrica è quello della società Tirrenia,la più disastrata azienda di navigazione che abbia mai solcato i mari del mondo,capace di ingoiare,tra il 2002 e il 2007,oltre un miliardo di euro di finanziamenti pubblici per ripianare i disavanzi di gestione. Al lettore curioso di sapere come si sia arrivato a questi risultati,consigliamo la lettura del libro di Stella e Rizzo(G.A.Stella e S.Rizzo,La deriva, p.67). La Federlinea,è un apposito organismo che “rappresenta le società del gruppo Tirrenia nelle trattative sindacali e nella stipulazione degli accordi collettivi di lavoro, occupa in tutto 6 dipendenti,ma ha un consiglio direttivo di 8 persone,un comitato esecutivo di 4,un collegio sindacale di 5,un direttore generale e un condirettore” con stipendi all’altezza di tali altisonanti incarichi (ibidem,p.70). Il caso Alitalia meriterebbe un trattamento a parte,benché segua fedelmente il modello consolidato del denaro pubblico gestito privatamente e solidalmente da patiti di governo e quelli all’opposizione, solidali come non mai quando si tratta di sistemare adeguatamente, a spese del denaro del contribuente, i propri rappresentanti che non sono riusciti a sistemare per via di incarichi politici.

10: IL MODERNO CHE AVANZA
Per farsi un’idea di come nei nostri parlamentari le preoccupazioni per il proprio reddito siano cresciute nel tempo, può tornare utile confrontare la situazione dei primi anni di vita repubblicana con quelli dei parlamentari di oggi.
Nel primo parlamento nazionale, quello cui sedevano Einaudi, De Gasperi, La Malfa, gli emolumenti comprendevano un’indennità mensile di 65 mila lire, più una diaria di cinquemila lire per ogni giorno di seduta come rimborso spese, in tutto circa 150 mila lire al mese, equivalenti a circa cinque volte il salario medio di un operaio o impiegato. Oggi, il parlamentare gode di indennità mensile di 12.000 euro, più una diaria pure mensile di 4000 euro, che insieme corrispondono a circa 12 stipendi medi(C. Salvi, M. Villone, cit.,pp. 35-6). Senza contare rimborsi spese e agevolazioni varie e senza che la qualità media sia migliorata o la produttività aumentata.

11:La casta di G.A.Stella e S.Rizzo,il libro di Salvi e Villone su I costi della democrazia,spiegano La Deriva,pure di Stella e Rizzo proprio come quest’ultimo spiega i primi due. La ricerca dei privilegi da parte del personale partitico non si risolve soltanto in un consumo di risorse prodotte col lavoro di tutti ma, il che è ancora peggio,distorce l’azione politica e l’allontana dai suoi specifici compiti,tra i quali possiamo mettere quello di tenere le città pulite dai rifiuti e le strade senza tante buche,nonché assicurare gli ausili ottimali a malati, infanti,puerpere e senescenti, ridurre il numero delle casalinghe scippate del borsellino agli incroci delle strade. Né è da sperare che la politica si riformi da sé, visti i vantaggi che i politicanti ricavano dalla presente situazione.

12:Salvi e Villone sui controlli di merito,contabile e di legittimità sull’operato delle pubbliche a amministrazioni locali e centrali, società pubbliche a gestione privata e dirette da dirigenti di nomina partitica e lautamente pagati per fare gli interessi dei caporioni di partito, sono affidati ad agenzie il cui personale è pure di nomina politica. Se poi a qualche magistrato venisse in mente di vederci chiaro, si è provveduto a depenalizzare i reati connessi alla gestione pubblica(abuso d’ufficio, malversazione, corruzione,concussione), il che può significare soltanto fare le pentole e i coperchi.

CARLO CATTANEO: la città, la storia, la buona e la cattiva amministrazione

Lo scritto di Cattaneo La città considerata come principio ideale delle istorie italiane è per noi del massimo interesse sotto due punti di vista. Secondo il grande milanese, a partire dal più remoto passato, per le genti del nostro paese la storia narra vicende di città, che sono vicende di  organizzazione della vita economica e politica, nonché culturale, a partire dalle piazze e dai vicoli disegnati con maggiore o minor rispetto dello spirito geometrico entro le mura delle nostre città. In questo caso, l’organizzazione dell’intera  vita delle comunità si rendeva visibile come organizzazione urbana. Il cittadino, prima che l’abitante di una città, era il portatore di doveri e  diritti e della volontà e capacità tanto di rispettare i primi che di difendere i secondi contro le forze feudali arroccate nei castelli montani o nelle abbazie, i nemici naturali dei diritti. Egli traeva linfa intellettuale ed etica dalla vita cittadina nella quale si formava, cui del resto ne restituiva in abbondanza perché le istituzioni, in larga misura emanazioni della volontà comune e  con ogni loro decisioni controllate dal basso, non potevano facilmente operare nell’ombra, all’insaputa dell’universale  e contro i suoi interessi. Col nome di municipio, con la campagna che la circondava e da cui traeva il necessario per vivere, formava un’unità inscindibile,  controllando tutti  gli elementi di vita necessari per formare  quasi uno stato in miniatura. Entro questi limiti, la vita degli uomini poteva svolgersi liberamente e in tutte le direzioni, perché non era difficile vedere il fabbricante farsi commerciante e banchiere, come anche politico, storico e combattente per la sua piccola patria.

Le epoche successive, degli stati territoriali, delle società della produzione industriale e degli scambi commerciali,  hanno decretato la fine dei sistemi economici e politici  cittadini chiusi da mura e fossati. Gli stati moderni costituiscono organizzazioni di vita più vaste e complesse, dove però il cittadino, preso dal    meccanismo della vita pratica, da rapporti competitivi tra privati a loro volta fonti di problemi di ogni genere , raramente trova occasione di sollevare la testa e informarsi sullo stato di salute della vita comune, salvo per quelle notizie che hanno più diretta importanza per la sua vita e filtrano attraverso organi di comunicazione occupati più a manipolare le informazioni a vantaggio dei loro padroni che a informare obiettivamente. Soprattutto quando le notizie vengono scodellate tutte le sere nei salotti di casa dove il cittadino stanco siede affamato più di quanto bolle in pentola che di verità. Il fenomeno del cittadino manipolato e tipico di un’epoca evoluta in cui esistono tecniche per ogni bisogna, comprese quella rivolta a plasmare le anime e a farle vibrare in accordo con i massimi interessi che controllano i mezzi di informazione stessi.

Parallelamente alla transizione dallo stato cittadino a quello  esteso territorialmente,la città,da struttura politica, è diventata organo di amministrazione dello stato che drena risorse dal territorio per erogare servizi, mentre il cittadino, smesse le vesti  eroiche di un tempo, si trova ridotto al più modesto ruolo di contribuente. Il che sarebbe poco male se i suoi soldi, anziché venir dirottati nelle capaci tasche dei padroni a cui rispondono i politici e,in misura minore, nelle tasche di questi, venissero usati per gli scopi in ragione dei quali sono stati prelevati.  La storia  chiede quindi ai cittadini di cambiare pelle, di trasformarsi da difensore di mura e fossati alabarda in pugno in controllore della finanza pubblica, maltrattata dagli amministratori di solito tanto più sorridenti sotto le elezioni quanto più decisi ad approfittare della carica una volta eletti. Compito nuovo ma non meno rispettabile e impegnativo di quello di una volta quello del controllore della regolarità amministrativa, di come sono  spese le risorse pubbliche, perché informarsi di quanto succede alla cosa pubblica richiede impegno e impone rispetto, anche se ora in fin dei conti sembra voler difendere i suoi interessi e non il prestigio della città.  E questo senza perdere nulla della sua antica dignità di cittadino militante. Infatti, non è molta la strada da percorrere per giungere dal controllo amministrativo a quella coscienza politica che oggi, come in altre epoche, può essere soltanto il prodotto di una cultura capace di comprendere a abbracciare tutte le diverse e contrastanti volontà. Nel mondo moderno, la coscienza politica può nascere soltanto dalle cose e da una cultura che ne comprenda l’intima natura, i poteri e le resistenze, come le direzioni alle quali sono volte le volontà degli uomini,  il frutto di una cultura organizzatrice sorta dalle cose stesse e perciò smentibile soltanto dalle cose.

Da qui occorre ripartire per non smarrirsi nelle tendenze caotiche di un mondo che va per al sua rombante strada senza chiedere prima il parere  a coloro che sono destinati a venir travolti.

Nelle pagine seguenti si parlerà anche di soldi, e forse a taluno sembrerà con lo spirito ragionieristico di chi si preoccupa di far quadrare i conti. Ma si ingannano, perché si tratta di un segno dei tempi, di tempi in cui il cittadino non si contenta più delle parole rassicuranti delle quali sono prodighi i demagoghi, col loro seguito di barattieri e falsari, ma si sente finalmente in grado di gettare luce sull’unica realtà ancora circondata da reverente mistero:quello circa la natura del legame tra le parole e i fatti. Questa è la sfida alla quale i nostri tempi sono chiamati.

Si potranno anche trovare significative suggestioni nelle immagini di città nelle quali la loro vocazione politica antica risulta evidente nelle cose stesse.  Organizzate attorno ai rispettivi fora esse suggeriscono l’esistenza di un ordine che era il risultato di un interesse e un pensiero comuni, compatti, non la divagazione dietro immagini di felicità personali fatalmente deluse da più potenti pensieri volti a perseguire interessi più grandi dei nostri.

Rivolgersi allo spirito delle città per trarne insegnamenti ancora validi ai nostri giorni potrà venir accusato di campanilismo ma non di ristrettezza mentale se gli insegnamenti tratti sono quelli giusti. Ecco perché vogliamo riunire le nostre forze nel nome di un passato che potrà diventare ricco di insegnamenti per il futuro.

Parla dell’argomento che conosci meglio perché lo vivi, della tua città e del significato universale della sua storia;scambiatevi le idee sugli insegnamenti che trasmette. Si formerà così una rete di cittadini che invece di accontentarsi delle parole confezionate da altri per illuderlo e deluderlo si impegnano nell’arduo compito, che riveste anche un loro interesse primario, di  scoprire tra i segni ambigui dei tempi  una verità non disprezzabile. (Ottobre 2012).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CHE COS’E’ LA PARTITOCRAZIA(Ernesto Rossi sulla partitocrazia)

Appena usciti dalla dittatura e dalla guerra mondiale, ristabilita la così detta democrazia parlamentare, dalle pagine del Mondo Ernesto Rossi(1897-1967) si prova a mettere a nudo dinanzi agli occhi degli italiani la natura dei partiti di massa appena ricostituiti e la loro logica immanente. Spirito realista, immune da intenti  denigratori nei confronti dell’dea democratica,  apparsa così seducente nei cupi anni della dittatura, il suo scopo era prima la diagnosi del male e, successivamente, di sentire i rimedi a processi degenerativi che sembravano svuotare di contenuti un’idea per la quale molte persone si erano battute ed erano morte.

“Il suffragio universale e la rappresentanza proporzionale – che hanno costretto i partiti ad estendere la propaganda tra tutti i ceti sociali -, il progresso della tecnica di propaganda – con la quale si riesce a convincere gli elettori a votare  per certe liste e per certi candidati con gli stessi costosi sistemi con i quali si persuade la gente a comprare i dentifrici -, la sempre maggiori difficoltà a trovare persone che lavorino gratuitamente per realizzare un programma politico, hanno fatto enormemente   aumentare, durante l’ultimo cinquantennio, le spese dei partiti politici.

Per far funzionare la <macchina> di un partito di massa oggi occorre gettare sotto la sua caldaia quattrini a palate:alcuni miliardi vanno ogni ano per l’organizzazione e le attività ordinarie( sedi della direzione centrale, delle federazioni provinciali, delle sezioni comunali e dei quartieri; stipendi a molte centinaia d funzionari; rimborsi delle spese di viaggio e di soggiorno per convegni internazionali e riunioni della direzione, del comitato centrale e di tutti gli altri comitati; manifestazioni pubbliche, film,posta, automobili dei dirigenti; manifesti murali;assistenza legale,ecc.),mentre altri miliardi vengono spesi saltuariamente per le campagne elettorali, per coprire i disavanzi dei giornali politici, per i congressi, per i contributi straordinari per le associazioni parapartitiche,ecc.”(Il <combustibile> dei partiti,in: Ernesto Rossi:Contro l’industria dei partiti, 20 ottobre 1963, in: Chiare lettere, 20012, p. 83-4).

Rossi vedeva l’inizio dell’epoca classica della partitocrazia, quella che va dalla fine del secondo conflitto mondiale, il 1945, e la caduta del muro di Berlino(1989), l’epoca della guerra fredda e dei blocchi ideologici contrapposti, caratterizzata dalla competizione per attrarre consensi condotta senza esclusione di colpi guerra e al limite della guerra civile strisciante. Tuttavia, le sue considerazione si rivelano valide in ogni circostanza data l’importanza della posta politica in gioco in ogni turno elettorali: la direzione degli affari pubblici e la gestione dei relativi bilanci in cui sono maneggiate somme enormi di denaro, la possibilità di favorire con leggi, decreti, la rivelazione di notizie riservate ad amici e finanziatori.

Da qui la relativa facilità con la quale si può rispondere alla domanda:da dove vengono tutti i quattrini spesi dai partiti?

“Il bisogno di quattrini, il bisogno di sempre più quattrini da buttare a palate sotto la caldaia della macchina, è uno dei principali fattori che determinano l’atteggiamento pratico dei partiti davanti ai maggiori problemi che hanno comunque un riflesso sulla vita economica del paese. Gli amministratori dei partiti non possono trovare le decine e le centinaia di milioni, necessari alla macchina, nel portafogli dei <tifosi> che delirano di entusiasmo ai discorsi dei propagandisti nei comizi politici; li trovano nelle casse delle organizzazioni padronali di categoria, nei conti correnti in banca dei grandi industriali e  dei grandi proprietari terrieri e nelle percentuali sugli affari, più o meno sporchi, resi possibili dagli interventi statali”(Le serve padrone, Il Mondo,24 giugno 1950, in ibidem, p. 9).

Qual è l’origine di tanti slanci di solidarietà dei danarosi padroni nei confronti dei bisognosi partiti di massa? Sono essi stati colpiti da improvvisi attacchi di generosità per le sorti della massa o per l’ideale? Niente di tutto questo.

“I grandi finanziatori dei partiti non danno i quattrini per motivi altruistici;li danno per avere la difesa dei loro interessi, e per ottenere favori e privilegi che compensino le somme sborsate, considerando nel costo di questi investimenti anche un’altissima quota per i rischi relativi a tutte le operazioni del genere…Ogni partito al governo dispone di cariche, incarichi, enti da gestire o da controllare con i propri uomini, e quindi è logico e naturale che costoro,  dovendo al partito da cui provengono la nomina, dirigano e amministrino con i criteri loro imposti o suggeriti”(ibidem,pp.9-10).

In altre parole, accade quello che è accaduto da che mondo e mondo:i pifferai suonano la musica comandata da chi sborsa i dobloni o i talleri, e buon per loro se viene trovata di gradimento dal vasto pubblico perché, nel sistema proporzionale, più voti significa più potere e quindi più posizioni di comando da occupare per compensare i finanziatori ben nascosti nell’ombra.   In quanto alla musica suonata, è quella che si è soliti ascoltare nelle pubbliche piazze, dove si accampano gli imbonitori dei rimedi miracolosi, i venditori della mercanzia più variopinta.

E questo non senza una logica necessità perché nelle condizioni sociali del mondo moderno non si va nelle pubbliche piazze per scambiare e ragionare ma  per farsi intrattenere dall’illusionista di turno, la cui lingua spericolata e senza i ritegni di chi dovrà poi rispondere di se stesso,  è abile nell’unire quanto la logica delle cose  tiene distinto e separa quanto invece deve restare unito. Infatti, esperti come sono nel disegnare seducenti scenari con le parole, sanno pure il fatto loro quando si tratta di tenerle separate dai fatti che invece dovrebbero garantirne l’autenticità, per accoppiarli con altri creati ad arte, o immaginari come le parole, ma con le quali sembrano andare d’amore e d’accordo, secondo l’arte sublime del conduttore di popoli, del demagogo che nelle democrazie trova le condizioni migliori per far fortuna.

Pazienza se tutto questo si riducesse alla fine soltanto in una perdita erariale, nel passaggio del denaro dalle tasche del contribuente alla cassa pubblica e da questa nelle tasche degli amministratori e finanziatori dei partiti, un travaso che ubbidisce alla legge di natura secondo la quale il denaro è attratto da altro denaro. Perché per favorire i finanziatori, i partiti debbono tener lontano dai posti strategici che decidono e controllano la spesa degli enti pubblici, le persone capaci ed oneste, i così detti servitori dello stato, difficili da convincere ad abbandonare gli obiettivi  criteri di gestione. Essi difficilmente si piegherebbero alle direttive dei maneggioni di partito  a vantaggio degli arrivisti più spregiudicati, sempre pronti a ubbidire a coloro ai quali debbono il posto. Conoscitori delle leggi quanto basta per eluderle senza subirne le conseguenze, sanno come muoversi nella giungla dei bilanci degli enti amministrati per creare fondi a favore dei partiti di riferimento.

“Nessuno potrà mai stabilire quanti miliardi della ricchezza nazionale sono così distrutti per ogni centinaio di milioni che entra nelle tasche degli affaristi politicanti quale compenso per ogni milione che i medesimi signori versano nelle casse dei partiti.

…Il male forse più grave è che molti degli espedienti usati dagli uomini politici per finanziare i partiti non possono essere messi in pratica senza la connivenza dei funzionai preposti ai più importanti servizi pubblici. E, una volta che abbiano aiutato gli uomini politici a tali pratiche camorristiche, i più alti papaveri della burocrazia romana diventano intoccabili. Anche se non hanno voglia di lavorare, anche se sono completamente inadatti ai loro compiti, anche se rubano a man salva, non possono più esser rimossi. Le loro malefatte sono tutte perdonate per timore che vengano altrimenti scoperti dei pericolosi altarini”(Una malattia segreta,Il Mondo 30 agosto 1952, in ibidem,p.42).

Così Ernesto Rossi. Ma se dai primi anni ’50, quando i partiti ancora strutturati, organizzati nella logica delle grandi divisioni di interessi  del mondo sociale e delle idee che li rappresentavano,  seguivano nel procacciarsi denaro  un metodo dotato di una sua perversa giustificazione, veniamo ai nostri giorni, i giorni dei partiti personali senza metodo e senza organizzazione,dobbiamo ammettere che le cose non sono affatto cambiate e anzi sono peggiorate e non soltanto sul piano della logica politica. Ora le cricche che tengono in pugno i partiti si risparmiamo persino di sbandierare gli ideali di una volta, ma si limitano ad accusarsi reciprocamente di tutti i misfatti mentre nell’ombra continuano a spartirsi le spoglie del paese. Con quali risultati il benevolo lettore scoprire nelle pagine del nostro Notiziario sulla partitocrazia.

Novembre 2012

DEMOCRAZIA E CONTROLLI(I sogni finiscono al risveglio)

  Per prendere i pesci, non basta armarsi di amo, dall’aspetto troppo minaccioso per attirare qualcuno degli abitanti del vasto mare. Occorre invece coprire la sua punta di esca, meglio se commestibile e fresca, consiglio inutile se rivolto agli uomini dei partiti perché lo mettono in pratica da sé quando vogliono catturare i pesci. Da qui l’aria di imbonitori da fiera che hanno i nostri politici quando appaiono dinanzi al popolo sovrano, la capacità di dire esattamente quello che il vasto pubblico desidera ascoltare, di far sognare con abili combinazioni di parole(dai,facci sognare! è il pensiero trasmesso dai volti assonnati in attesa dinanzi agli schermi televisivi o ai palchi all’aperto dove si usa spendere parte del tempo durante le serate estive), con la prospettiva di benefici che discenderebbero sul cittadino elettore una volta instaurato il regno della giustizia e del progresso sociale, naturalmente logica conseguenza della conquista del potere ad opera del nostro partito e della condanna all’ignominia e all’astinenza dell’opposizione di quello avversario, ignobile fautore dell’ingiustizia e del regresso. Così, a furia di assicurazione sul nuovo ordine prossimo venturo, quello che avrebbe risolto in maniera definitiva tutti i problemi del passato e persino impedito il ripresentarsi di quelli nuovi nel futuro, ci ritroviamo senza la minima ombra di progresso, a meno che non si voglia chiamar tale un debito pubblico che non smette di crescere e il peso fiscale più alto del mondo che si aggiunge al debito senza alleviarlo e  gravante sulle spalle del cittadino elettore  che non può ricoverare i suoi guadagni in qualche paradiso fiscale, frequentati viceversa da quanti sono qualificati come  benefattori del popolo dai giornali di loro proprietà o comproprietà, poco importa.
  Questi inconvenienti  non fanno che aumentare gli sforzi dei politici per trovare dei sostituti delle vecchie idee di progresso, nonché nuovi nemici da identificare come i responsabili del regresso sotto gli occhi di tutti, ai quali attribuire pure, a beneficio di chi non regredisce,  le colpe del degrado morale fatalmente in agguato, vale a dire il partito diverso dal nostro. Insomma, siamo sempre nel regno delle favole raccontate ai bambini ansiosi di crederci, della buone fatine e degli orchi malvagi, del mondo migliore da conquistare con energiche marce in avanti, nonostante tanta gente si ostini a volersene restare laicamente seduti per pensare ai fatti propri e chiacchierare di questo e di quello.
  C’è da chiedersi da dove viene questa secolare propensione della nostra gente a dare ascolto alle favole più disarmanti e perciò più popolari, a bere come oro colato le parole degli imbonitori di piazza, i dispensatori di aggettivi trasformati in sostantivi ma senza altra sostanza che non sia quella del loro suono. Perché non si sviluppa e diventa popolare il rispetto dei fatti, la tendenza a saggiare sulla loro ruvida scorza le parole prima di metterle in circolazione per provare la regolarità del loro conio? Perché si continua a sognare al suono delle parole, ad accendersi di indignazione alla retorica dei comizi, invece di guardare i risultati delle promesse, cercare di  scoprire  se il loro metabolismo è regolare, se non ingurgitano troppo cibo in relazione alla magrezza dei risultati.
  Si dirà che in un paese dove sono fioriti il sonetto e il melodramma non è facile sottovalutare la retorica. Inoltre, le occupazioni straniere vi hanno avuto come conseguenza anche la crescita dell’importanza delle parole come sostitute di fatti, vietati da polizie, eserciti di occupazione e preti. Ma qui non è questione di facilità, bensì di sopravvivenza, perché le parole liberate dall’obbligo di corrispondere ai fatti diventano disponibili a tutte le manovre a nostro danno. Infatti, le parole in libertà, fuori del controllo empirico, sono destinate prima o poi a mettere fuori controllo le teste, che è quanto vogliono i gestori del potere per continuare a gestire come a loro meglio piace il bilancio.
  Perciò, soltanto una prolungata assuefazione all’inganno può far credere ai più che la democrazia sia una questione di parole, eventualmente accompagnate con bandiere al vento, sfilate nelle pubbliche strade e assembramenti nelle piazze principali di paesi e città. Se il suono carezzevole delle parole promette all’affaticato e al depresso giorni migliori e persino euforici, lo stesso fanno i narcotici, propinati a giovani e adulti, lavoratori e disoccupati. Visto dai disagi dell’oggi, il domani è sempre un giorno migliore e i propagandisti di partito appartengono alla classe delle mosche astute, capaci di far credere che il carro si muove per merito loro e non dei buoi legati alle stanghe. Tuttavia, per l’uomo di partito, se non finisce in carcere, il domani sarà senz’altro migliore di oggi perché quello sarà il tempo in cui potrà raccogliere il frutto dalla trama tessuta oggi. Questo vuol dire che la democrazia è il regno dove il falso ha libera circolazione? Non lo crediamo, o almeno non è più libero che sotto altri regimi. Vogliamo invece dire che soltanto nella democrazia il falso può venire scoperto è denunciato senza corrore il pericolo dell’arresto in flagranza di reato. Essa ha soprattutto bisogno di controlli dal basso, da chi ne paga le spese, non di propagandisti dei partiti il cui scopo è sempre il potere e la sua gestione, soprattutto il suo simbolo visibile, il denaro. La democrazia ha quindi le sue vittime e i suoi beneficiari, è oggi le prime stanno per diventare maggioranza. Questo apre a nuove possibilità, crea un bisogno di informazione e partecipazione sconosciuta nel passato, quando la promessa di partecipare alle spartizioni bastava per crearsi negli elettori una provvisoria platea di complici interessati. Senza un efficace sistema di controllo fatto di informazioni e azione, il potere diventa inevitabilmente abuso e la democrazia degenera nel governo dei partiti a proprio vantaggio, in partitocrazia.
  Il controllo degli abusi di potere è scritto sulla bandiera del liberalismo sin dal suo sorgere, quando la società civile doveva confrontarsi con una tradizione di abusi materializzata nel potere autocratico del monarca (G.De Ruggiero:Storia del liberalismo europeo,Bari).La rivoluzione costituzionale inglese aveva come programma di sottrarre al re la facoltà di imporre tasse  e spendere il denaro pubblico senza rispondere a nessuno. Ma perché il contribuente arrivasse a controllare la tassazione e la spesa pubblica, la testa di un re è dovuta cadere per sancire un principio nuovo: l’uomo comune non è più disposto a restare suddito. Una rivoluzione si è compiuta,  certo con i colori meno rutilanti delle tante rivoluzioni agitate nel nostro paese nel recente passato e invece di discorsi accesi si alimentava di freddi calcoli,  di prese di posizione sostenute dalla volontà di proteggere la borsa dall’agente delle tasse e dal birro che gli veniva dietro. Informazioni controllabili e  freddi calcoli piuttosto che le frasi accese ci sembrano però  l’unica soluzione dei mali di un paese dove la malafede si copre spesso di unzione e la volontà di prevaricazione in concessione a una sciatteria coltivata con arte per dividere le colpe e distogliere così lo sguardo dai veri responsabili.

 

Maggio 2013

 

 

DEMOCRAZIA DIRETTA:IL PASSATO D’ITALIA DIVENTERA’ IL SUO AVVENIRE?

Rivolgersi con spirito nostalgico al passato o sperare in un futuro di giorni migliori sono considerati segni di sfiducia nei confronti del presente o, quantomeno, di non trovarsi a proprio agio tra le sue braccia. Quando poi ci si rivolge contemporaneamente al passato e al futuro si può sospettare che sfiducia e  depressione siano arrivate a livelli mai visti prima. Senza cercare di aggiungere altre spiegazioni sulle cause di una simile condizione, del resto fatte oggetto di studi clinici quanto mai autorevoli, limitiamoci per ora a constatare il fatto e a ricordare alcune espressioni ormai sulla bocca di tutti e persino  vergate sulle sacre pergamene. La più caratteristica di esse riguarda il “popolo sovrano”, il quale, come  i re del passato,non manca di essere circondato da cortigiani deferenti e pronti a ubbidire ad ogni suo cenno, che si avvicinano al suo orecchio a testa bassa per sussurrarvi le parole giuste per entrare nelle grazie della maestà sua e si allontanano camminando a ritroso, come si conviene quando si prende concedo dalla fonte del potere,o forse soltanto per raccogliere  le eventuali grazie lanciate nella loro direzione. Purtroppo, il nuovo sovrano repubblicano, in questo simile a quelli di stampo monarchico di una volta,  sembra occupato in pensieri più importanti che non siano quelli su come tenere a bada il servitorame e far marciare le cose per il verso giusto. All’arte del governo, arte difficile fatta più per rendere corrugata la fronte che per tenerla spianata, preferisce occupazioni più dilettevoli, quali ad esempio sognare le vacanza più esotiche e persino andarci, guardare altri che corrono dietro una palla gonfia d’aria standosene comodamente straiati nel salotto di casa, organizzare cenette con gli amici, correre dietro alle donne. Perciò lascia fare troppe cose ai suoi sorridenti e servizievoli rappresentanti e consiglieri, i quali non mancano di assicurarlo che tutto procede come la maestà sua desidera e che perciò stesse tranquillo, facesse buon pranzo e si godesse la fortuna toccatagli tanto più che a tenerlo informato provvedono inviati ordinari e speciali sguinzagliati in tutti gli angoli del regno e persino del mondo.Paolo Michelotto “La democrazia dei cittadini. Gli esempi reali e di successo, dove i cittadini decidono”
Tanti incoraggiamenti a mandare in vacanza i cattivi pensieri sarebbero stati già sufficienti a destare i sospetti anche dei più spensierati sovrani del tempo andato. Invece il nuovo sovrano non vuole guastarsi la digestione o le vacanze prossime venture con cattivi pensieri, ignorando che a tenerlo informato sulle faccende del regno provvede un “sistema dell’informazione”  per il quale le notizie diventano degne di venir diffuse soltanto dopo che sono passate sulla lingua ruvida dei pescecani che ne sono i proprietari quando sono trovati in grado di nutrire gli affari in corso. Sempre più sistematicamente impegnati nell’arte di montare o smorzare l’indignazione del “grosso pubblico”,  alla luce dei riflettori o nascosti dietro le quinte, direttori e rappresentanti di cartacei o televisivi sistemi non disdegnano di convogliarla nei canali dove scorre l’acqua che fa girare i mulini dei rispettivi padroni abili a scremare degli  utili dove ci siano utili da scremare.
Ma nessuno creda che la vocazione dei potenti al sistema si fermi qui,perché non sono pochi i partiti,amministratori del “bene pubblico”, che aspirano a unire al bene comune anche l’utile proprio. Perciò nel nostro paese pullulano i moralizzatori a tempo pieno i quali non smettono di fare la morale al corso delle cose dalle colonne dei giornali o dinanzi alle telecamere accese, quando sono sotto gli occhi del grosso pubblico. Esperti nell’uso delle parole scorrevoli, liquide, e anche vaporose,le più adatte a prendere la forma degli avvenimenti del giorno, da veri idraulici degli spiriti provvedono  in tutte le ore a tener sgombri i condotti dell’indignazione pubblica, di solito intasati dal molto materiale che i tempi sciagurati in cui viviamo vi accumulano per farvi scorrere le informazioni più utili per loro.
Se questo succede in tempi illuminati come i nostri, quando basta schiacciare un pulsante standosene comodamente sdraiati nel proprio salotto di casa per ricevere le notizie dal mondo intero, si pensi che cosa poteva succedere nei tempi bui, quando la vita si svolgeva all’aria aperta e le notizie potevano correre soltanto di bocca in bocca, stando sull’uscio della bottega o conversando degli avvenimenti del giorno nella pubblica piazza, per bene che andasse  illuminata soltanto dal sole. Eppure, alla luce del sole, o all’ombra delle torri civiche, si scambiavano opinioni e informazioni, ci si arricchiva delle idee degli altri senza impoverirsi delle proprie, prendendo le parole  dal serbatoio dove si accumulavano insieme con i fatti della vita privata e pubblica. Allora persino  l’arringatore delle folle desiderava farsi  capire e parlava di cose sotto gli occhi di tutti, usando la lingua comprensibile ai più. Le azioni cominciavano con le cose e nelle cose finivano, perciò si trovavano esposte ai giudizio personale del cittadino che poteva approvare o disapprovare a ragion veduta. La democrazia diretta,  propria come nelle repubbliche cittadine dove le azioni dei governanti erano sempre sotto gli occhi di tutti, presuppone appunti cittadini, persone in grado di decidere con scienza e coscienza.
Le storiche città italiane meritano di venire studiate nelle forme architettoniche e urbanistiche nelle quali anche  l’osservatore meno attento può scorgere il riflesso di una storia che ha ancora oggi molto da insegnarci. Esse  sono ben altre cose che aggregati di pura vita economica come il disorientato osservatore moderno, paragonandole  alle città odierne, potrebbe supporre, ma offrono l’immagine di un principio di vita più vasto, una vocazione culturale, una volontà  politica che il trascorrere dei secoli può aver indebolito ma non obliterato del tutto.
Oggi non è più il tempo delle piazze assolate, trasformate in parcheggi a pagamento, e delle torri civiche, che si limitano a segnare l’ora per gli uccelli. Se si parla, non si parla di cose uscite dalle proprie mani, incardinate in pensieri e parole chiarite dal senso comune, un senso che non rifugge dal dare voce neanche all’ordine civico, ma di parole fabbricate da menti addestrate a farne le repliche adatte a tutte le teste. Insomma, la sedentaria arte dell’ascolto va alla grande, e in questo non si è schizzinosi soltanto se la notizia à confermata dal rappresentante del nostro partito. In quanto a far parlare le cose, esse tutto possono fare, e lo fanno, ma non sanno comunicare, al massimo trasmettono prescrizioni d’uso.
Tutto viene ingerito, se non digerito, con pari indifferenza, perché in fondo non si da’ nessun credito a parole e avvenimenti giunti sino a noi nelle forme evanescenti di suoni e immagini presto sostituiti da altri suoni e immagini. Persino i disastri nei luoghi più distanti ed esotici, dove i morti e feriti si contano a migliaia, giungono alle nostre orecchie senza penetravi perché presto richiamate ai più urgenti problemi del traffico. In quanto poi ai disastri provocati dalle imprese degli eroi del giorno, iniziate a suon di tromba sulla stampa quotidiana e periodica e poi finite male, dove sono in gioco i nostri soldi, dopo essersi scaricate sulla testa dell’ignaro uomo comune con l’imprevedibilità di un uragano, esaurito  lo scatto di rabbia iniziale non lasciano altro che un sentimento di impotenza, che non è precisamente quanto ci vuole per indurre i responsabili, spesso con nome e cognome, a smettere nelle loro imprese e passare a un lavoro più onesto.
Perciò, con la sparizione dei mondi privati e la sua sostituzione con lo spirito del tempo che è in ogni luogo, diventa inutile alzare barricate dinanzi all’uscio perché o spirito del tempo ci entra inc asa senza nemeno bussare. Lo spirito del tempo va  certamente ascoltato ma, per quanto cerchi di insinuarsi, di ripetere che soltanto lui sa capirci,  tenerlo d’occhio per coglierlo in castagna costituisce ancora la più salutare pratica mentale, senza contare il divertimento assicurato.
Insomma,  non ha senso turasi gli orecchi  ma prima di accettarle, le notizie vanno fatte passare nei crivelli dalla trama sottile perche tra i semi che daranno pane non si mischi anche l’oglio. Ascolteremo con sano sospetto  l’impettito informatore ufficiale, mentre la nostra fiducia andrà alle parole titubanti ancora radicate nelle cose che possiamo vedere e toccare noi stessi, agli interessi che aiutano a nutrire il corpo e alle opinioni che tengono in esercizio la mente e aiutano a farci vedere una questione da tutti i lati. Infatti, si ascolta  non per assorbire le verità degli altri, bensì per opporre opinione a opinioni e, nella lotta, dare a tutte la possibilità di irrobustirsi le ossa.
Per comunicare nella nuova città non è necessario vivere e lavorare gomito a gomito e parlare di cose sotto gli occhi di tutti. Gli interessi si allargano in proporzione  ai mezzi di comunicazione disponibili, alle nuove intraprese umane. La piazza elettronica non è limitata dalle architetture dei palazzi   e dai portici, bensì soltanto dalla coscienza dei propri reali interessi e dalla capacità di dare loro una forma che non rifugge dal confronto con le idee degli altri. Arte sottile questa del confronto, e anche faticosa perché dove non cediamo alle lusinghe di chi  dice di essere dalla nostra parte, anzi, di conoscere quello che siamo e vogliamo meglio di quanto sappiamo fare noi stessi, resta soltanto la fatica di separarci da errori nei quali pure ci riconosciamo.
Nel confronto con questa rete di opinioni sorte dalla vita di ciascuno di noi, dai nostri interessi,  con quelle diffuse coi mezzi più potenti, si riconoscono le trame del nuovo potere, la sua tendenza a  non  chiedere il nostro consenso ma a farci credere di conoscere lui il nostro vero pensiero. Esso, padrone dei mezzi di informazione e intrattenimento, esso veramente non vuole il nostro silenzio, ma lavora per fare delle nostre parole la veridica testimonianza del suo potere di condizionarci.
Per ulteriori approfondimenti: www.umanesimopopolare.org
(Settembre 2012)
DEMOCRAZIA DIRETTA:Per saperne di più
1:N.Bobbio:Il futuro della democrazia, 1984, Einaudi
2:Y.Renouard:Le città italiane dal X al XIV secolo,Vol.1 e 2, 1975, Rizzoli
3:Piero Calamandrei:Lo stato siamo noi, Chiarelettere,2011
4:Thomas Benedikter: Democrazia diretta. Più potere ai cittadini, Sonda Edizioni,2008
5:Carlo Cattaneo:La città considerata come principio ideale delle istorie italiane
6:G.C. Rousseau: Il contratto sociale, Ed. Laterza,1997