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LE RAGIONI DI UN FORUM DEGLI ITALIANI

Le potenze finanziarie e partitiche che controllano l’informazione usano fare un gran rumore attorno a quelle notizie che tornano loro comodo farci conoscere, talché ben pochi di quegli altri fatti che le vede come protagoniste riescono a filtrare il velo di silenzio che le nasconde alla vista del normale cittadino che ne è nel contempo anche vittima. Non discutiamo qui delle tecniche più in voga messe in atto per dare ad ogni notizia la colorazione desiderata, la capacità di  colpire il lettore nell’organo prescelto, quale la paura di perdere il suo o la speranza di acquistare dell’altro.  Serviti  da stuoli di fabbricanti di frasi a pagamento, nella loro costruzione di reti per catturare gli speranzosi pesci  desiderosi soltanto di veder confermate le ragioni dei loro amori o delle loro avversioni, trasformano notizie, che in un mondo normale sarebbero puri fatti di cronaca, in eventi cataclismatici o salvifici, e, da parte opposta, assottigliano le loro imprese che seminano lutti e rovine sino al punto da renderle trasparenti sino all’invisibilità. Il lettore frettoloso  che tutte le mattine vuole sapere se il mondo nel quale  la sera precedente è andato a letto si trova ancora al solito posto, quindi incapace di accorgersi della manovra ordita alle sue spalle, sarà persino grato al suo giornale perché gli racconta con dovizie di particolari l’ultimo episodio scandaloso che ha avuto come protagonista qualche nemico del padrone che paga le spese della carta e dei giornalisti che vi scrivono sopra. Se poi  la manovra mimetica non sortisce gli effetti voluti, c’è sempre quella diversiva, che consiste nel fare dell’ultima impresa amorosa dell’attricetta famosa per esibire i suoi glutei rosei ad ogni occasione un avvenimento del quale è obbligatorio esser informati. Mentre di fronte a tutto questo dichiariamo di non voler gridare allo scandalo ma che, al contrario, lo consideriamo conforme all’ordinario corso delle cose, nel senso di così va il mondo, dichiariamo pure la nostra diffidenza, che confina con l’indipendenza, nei confronti dei  creatori della pubblica  opinione, o, almeno, di quella più alla mano della quale si può parlare al bar o in tram con la speranza di venir compresi .

Esiste infatti un’altra via   per immettersi nelle correnti dove circola lo spirito del mondo, più scorrevole rispetto alla carta stampata. La via di grande traffico delle informazioni, quindi delle verità destinate a durare alcuni secondi, è in funzione in tutte le ore del giorno e della notte, alimentata da quanti vogliono venderci quacosa, dalle notizie del giorno alle verità del secolo, preoccupati di salvare  l’anima di gradi e piccoli. La nuova via non ha le rugosità della carta stampata, con le sue parole pronte a ingoiare il lettore nei secondi sensi ma, scorrevole come la chiacchiera degli imbonitori, fa muovere il lettore in circolo da un’idea fatta all’altra, sistema sublime  per fargli credere che il mondo per lui non ha più segreti, evitando il ricorso alle iniziative personali che non si sa mai come finiscono, quando è più riposante giudicare usando la testa degli altri.

Questo problema del giudicare è molto importante, e noi siamo tra quelli che non lo  prendono  sottogamba, ma, al contrario, lo reputiamo decisivo per quanti non solo vogliono vedere con i propri occhi ma coltivano pure l’ardire di  giudicare con la propria testa, pretesa sempre inquietante per quanti invece coltivano l’arte di dispensare consigli non richiesti.

La comunicazione, che abbiamo visto come fattore alla base del legame sociale, è motivata  dall’interesse comune a scambiare opinioni e informazioni in vista di una chiarificazione reciproca o di una migliorata conoscenza delle  cose. Da qui l’apprezzamento per lo scambio, la richiesta di chiarimenti, l’obiezione,  invece che per  l’l’imbecca, le informazioni che viaggiano in un solo senso, i giudizi preconfezionati nelle catene di montaggio dell’opinione pubblica ai quali non è possibile aggiungere o togliere niente.

Giudicare infatti non può risolversi in una faccenda privata, perché usa il mezzo sociale per eccellenza del linguaggio. D’altra parte, non si può dire che per esprimere un proprio pensiero occorra aspettare di sapere che cosa ne pensa il mondo, o coloro che si dicono suoi padroni. Nel giudicare, il soggetto ha davanti un’esperienza che è  sua e di nessun altro e il suo giudizio raggiungerà l’oggetto al quale è diretto se trova il punto di convergenza tra il non detto delle sue percezioni, e persino l’indicibile, e il troppo detto del quale si alimenta l’opinione pubblica, un’impresa che rende onore alla filosofia come all’arte che se ne occupano. Il giudizio si rivolge al mondo e a noi stessi e si attende di venir giudicato a sua volta dal mondo e dalle persone.  Per questa sua ambivalenza, possiamo dire che si trova nel punto in cui  individuo e società s’incontrano, si riconoscono  e si determinano nelle reciproche caratteristiche. La conclusione da trarre da tutto questo  è che  l’opinione pubblica non costituisce qualcosa di astratto, che riguarda soltanto alcuni poteri che si caricano del fardello di informare e istruire gli ignoranti, ma si forma insieme con quella personale, così come questa cresce con la prima della quale rappresenta il momento molecolare.

Nella comunicazione, sequenza di scambi e di mediazioni, il soggetto giunge a conoscere meglio tanto se stesso che la società e il mondo. Una migliorata conoscenza delle condizioni del mondo e la chiarificazione degli intenti, propri e degli altri, sono fatti per  condizionarsi  a vicenda e si realizzano con l’istituzione di relazioni di natura sociale, comprese quelle relazioni finalizzate allo scambio di valori economici o, per essere più precisi, quegli impegni e patti sui quali si sostiene la vita materiale di tutti, si realizzano organizzazioni finalizzate a qualche scopo comune e si giunge a quelle determinazioni all’origine dei fatti a produrre i quali sono istituite.

 

Bibliografia

G.Mounin: Guida alla linguistica, Feltrinelli, 1982

G.Mounin: Guida alla semantica, Feltrinelli, 1983

G.Calogero:Le regole della democrazia e le ragioni del socialismo, 2012.

 

 

OSSERVATORIO SULLA PARTITOCRAZIA

1:AVVERTENZA AL LETTORE
Sovrapporre ai sorrisi delle grandi occasioni sfoggiati dagli uomini di partito nei manifesti elettorali, che a scadenze regolari fanno bella mostra di sé sui muri delle nostre città, non le loro parole ma la pratica che vi dovrebbe corrispondere, non significa certo alimentare il sospetto come di chi non voglia lasciarsi accalappiare da un incantesimo alla portata persino dei commessi di negozio. Si tratta invece di un atteggiamento salutare, perché se le parole sono qualcosa di più dell’aria mossa nel pronunciarle, lo si deve al fatto che ne richiamano molte altre, necessarie del resto per garantire dell’animo veritiero delle prime. Se poi invece dello sfoggio di una dentatura ben curata vengono offerti volti pensosi del pubblico bene, il nostro atteggiamento a ricercare le pulci non cambia, come non cambia quando ci capita di ascoltare gli illusionisti dalla parola scorrevole mentre seminano in mezzo al vasto pubblico le illusioni che fanno andare a letto con qualche speranza in più. Perdere l’antica fede nelle magiche virtù delle parole, convincersi del tramonto definitivo del sol dell’avvenire, può alla fine non risultare un male perché significa guardare alle cose di questo mondo senza le confortevoli illusioni di una volta e quindi andare a letto soltanto per riposare e non per lasciarsi cullare dall’idea del dolce che ci aspetterebbe al risveglio.

2: COME TI ERUDISCO IL PUPO
Vogliamo partire col nostro notiziario sulla partitocrazia(termine coniato dal giurista Giuseppe Maranini nel 1949)da alcuni dati grezzi, ma non per questo meno significativi. A guardar bene, nella loro semplicità essi lasciano trasparire, come attraverso un prisma ottico, tutta la potenza devastante di una distorsione della vita economica, sociale e politica del nostro paese per lungo tempo scambiata per condizione di normalità.
Secondo l’Ocse, l’Italia occupa il penultimo posto, tra i paesi che fanno parte di questa organizzazione, per la quota di PIL dedicata alla scuola,il 4,5 % contro il 6 % medio degli altri paesi(dati 2009). In compenso,per la statistica riportata nella tabella sottostante, il numero degli eletti alle cariche pubbliche, regolarmente stipendiati,con i soliti familiari e amici a carico, si aggira intorno a 144.000,circa la somma di tutti gli eletti in tre paese Spagna, Francia e Germania messi insieme. Senza contare l’esercito,anche più numeroso e combattivo di quello dei politici,dei consulenti e degli amministratori pubblici di nomina politica, spesso uomini di partito trombati in qualche turno elettorale, pure loro con famiglia a seguito con giuste esigenze famigliari a soddisfare.

3:INFORMAZIONI PER FARSI UN’IDEA PIÙ PRECISA DELLA PARTITOCRAZIA
Il 2° Rapporto UIL sui costi della politica del luglio 2012, offre un quadro abbastanza completo e attendibile dei costi diretti e indiretti della partitocrazia, ossia, della quota di ricchezza nazionale di cui i partiti, in un modo o nell’altro, si appropriano e che potrebbe venir impiegata per scopi sociali o produttivi.
Secondo l’ultima inchiesta di questa organizzazione sindacale, oltre 1,1 milioni di persone in Italia vivono direttamente o indirettamente di politica, con una spesa annuale di 23,1 miliardi di euro. Come visto sopra, di queste, 144.000 occupano il loro posto per mandato elettorale, come ministro, parlamentare, consigliere o assessore nelle giunte regionali, provinciali e comunali. Ad essi vanno aggiunti 24. 000 consiglieri di amministrazione delle 6978 società partecipate, con un costo complessivo di 2,6 miliardi di euro l’anno, nonché un esercito di consulenti, perché si deve supporre che consiglieri e politici siano dei perfetti ignoranti nelle questioni amministrative, che comportano una spesa di circa 3 miliardi di euro
La UIL ipotizza che riportando i costi della politica al suo livello fisiologico, si possa realizzare un risparmio di circa 10,4 miliardi di euro l’anno.
Un quadro più completo della pletora di faccendieri che gravitano attorno alla politica, si dovrebbe dire attorno al bilancio pubblico, è riportato nella tabella sottostante.

NUMERO DI PERSONE IN POLITICA(elaborazione UIL)

ENTI NUMERO

Parlamento e governo 1067
Province 3857
Comuni 137.936
CDA aziende pubbliche 24.432
Collegi revisori, collegi sindacali PA e aziende pubbliche 44.165
Personale di supporto politico 38.120
Apparato politico 390.620
Incarichi e consulenze PA e aziende pubbliche 487.949      

4:REVISIONO DUNQUE SONO
Poiché il rappresentante di partito è ricco di parole sonanti con le quali il vasto pubblico viene nutrito e illuso, vogliamo ricordare alcuni fatti che meglio di un lungo discorso possono darci l’idea delle sue capacità di badare ai fatti, soprattutto quando si tratta di avviare un progetto per i cammini tortuosi delle revisioni di spesa(in alto) a vantaggio degli amici e proprio, dote necessaria nella lotta per la sopravvivenza.
Il costo per chilometro dell’Autostrada del Sole(iniziata nel 1963) viene stimato in circa 4 milioni di euro in valuta d’oggi. Per costruire i 23 chilometri della Conegliano-Pordenone, iniziata nel 1986 e non ancora ultimata, sono stati spesi 22 milioni di euro per chilometro (G.A.Stella, S.Rizzo: La deriva, 2008,p.21). Aggiungiamo che la Metropolitana di Milano è costata 130 miliardo per chilometro,a fronte di un costo di 45 per quella di Francoforte. Come mai? si chiederà lo smarrito cittadino. Al lettore la non ardua risposta.

5: CARNE DA MACELLO
”Bisogna in specie sfatare il luogo comune tutto italiano,secondo il quale ci sarebbe un rapporto causale tra partiti forti e corruzione politica. La corruzione si diffuse invece quando i partiti smarrirono la funzione essenziale di concorrere con metodo democratico alla vita politica nazionale,…,e divennero partitocrazia,cioè occupazione del potere. Partiti forti nell’occupare il potere ma deboli nella loro intima funzione sociale,nella partecipazione popolare,nel consenso profondo” (C.Salvi, M.Villone, I costi della democrazia, 2005, p.19). I partiti deboli diventano preda dei propri boiardi che controllano pacchetti di voti, senza trascurare i poteri economici in grado di trasformare questa debolezza in opportunità da far fruttare a proprio vantaggio. I partiti senza politica, seguendo la loro logica intrinseca, hanno cercato il potere senza badare ai mezzi. Così la partecipazione popolare è stata sostituita dalla ricerca del consenso elettorale senza lesinare in promesse che si sapeva di non poter mantenere. I partiti senza cultura politica e senza intima adesione popolare hanno fatto ricorso a tecniche di persuasione mutuate dalla pubblicità commerciale, soprattutto a quelle televisive oppure, in modo più riservato, a ricerca del consenso in cambio di favori. Sono nati i partiti personali, le organizzazioni volte a procacciarsi pacchetti di voti con ogni mezzo e da vendere poi al miglior offerente. Questa ci sembra la spiegazione della pletora di liste che ad ogni tornata elettorale troviamo sulle schede, sempre più larghe rispetto alla tornata precedente. Dalla partitocrazia classica degli anni antecedenti l’89, con i suoi partiti compattati dalle ideologie, con i suoi comizi affollati, con le sue parole d’ordine pronte a far scattare il riflesso condizionato dell’applauso e del fischio, si è passati ai partiti cosche che difendono soltanto gli interessi privati del proprio personale dirigente e dei rispettivi portaborse.

6:MORTE NOSTRA VITA LORO
A riprova della sollecitudine e sistematicità con le quali molti politici,dimenticate le fatiche e le promesse della campagna elettorale,sanno provvedere alle proprie fortune, basta citare alcuni altri dati, riferibili questa volta alle istituzioni regionali. Il reddito medio pro capite nelle regioni più ricche d’Italia (Trentino Alto Adige, Lombardia,ecc.) è circa il doppio rispetto a quello delle regioni più povere (Calabria, Sicilia)(32.000 euro nelle prime contro 16.000 delle seconde). Di contro, forse a ricompensa delle fatiche spese per amministrare territori in condizioni così disastrate,i consiglieri regionali siciliani hanno ritenuto di aver diritto a un’indennità mensile di 12.434,più una diaria di 4.033 euro, che naturalmente si sono subito assegnati,ben superiori agli emolumenti dei consiglieri lombardi (8.082 e 2.602 euro rispettivamente) (C.Salvi e M.Villone,cit., p.40). Nello stesso tempo,il presidente della regione siciliana ritiene di aver bisogno dei servigi di 23 addetti stampa i quali,a differenza dei 20.000 forestali che si prendono cura di foreste che non ci sono, ma tengono famiglia e vanno regolarmente pagati,si affaticano a ritagliare gli articoli di giornali,a riunirli in raccoglitori e a trasportare questi ultimi da una stanza all’altra. Si potrebbe continuare rivelando come gli eletti nei consigli provinciali, comunali e circoscrizionali, i consulenti vari,abbiano saputo provvedere ai propri affari,senza dimenticare quelli di amici, parenti e i galoppini elettorali,adeguatamente ricompensati. Il loro esemplare attaccamento alla famiglia e agli amici, dei quali provvedono ad incrementare i cespiti,è dimostrato anche dall’interesse col quale tengono d’occhio le svendite degli appartamenti di lusso da parte degli enti pubblici. Senza dimenticare i tempi grami e la vecchiaia che, si sa, è un tempo gramo da sé.
Confessiamo di provare una certa invidia nei confronti di chi ha saputo provveder così bene a se stesso e senza dover affrontare gli incerti di una libera professione, dell’industria o del commercio, ma predicando a destra e a manca di pensare soltanto al “bene della gente”, ossia, proprio quello che la gente vuole sentirsi dire.

7:PAROLE IN LIBERTA’
Come non risparmia parole, il demagogo è esperto nell’arte di farle stare in piedi appoggiandole non alle cose, come usano le persone desiderose di farsi capire, ma ad altre parole,che è poi arte sopraffina,da paese di lunga civiltà. Predicando la difesa della libertà o della democrazia sostanziale,le cui chiavi si troverebbero nelle imprescrittibili leggi della storia,rivelate soltanto o lui, ha concorso a che si eclissasse il senso della democrazia formale,a tutto vantaggio delle sostanze dei padroni della stampa dai quali i lettori sono istruiti sul bene e sul male,sia quello generale che quello loro particolare. Un affare che non sente nemmeno il bisogno di nascondersi ma,nero su bianco,viene servito tutte le mattine,insieme alla colazione. Se poi è il caso di mettersi ad accusare il destino cinico e baro che ha popolato il nostro paese di demagoghi e padroni della stampa ed è così scarso di statisti,è questione che lasciamo ai lettori

8: RIEN NE VA PLUS
La partitocrazia rifulge nelle lottizzazioni,come quella in atto nella sanità dove frequentemente i primari ospedalieri sono scelti in base alla loro appartenenza a qualche partito, corrente o sottocorrente e non per una specifica competenza a quel ruolo (C. Salvi, M. Villone, op.cit., p. 65) ma non trascura nemmeno i profitti procurati dalle società che gestiscono i giochi d’azzardo,amministrati da uomini di fiducia dei partiti, personaggi spesso dal passato non sempre cristallino e anzi in rapporti stretti con la malavita organizzata, la cui indubbia competenza nel campo del gioco d’azzardo non è lecito mettere in dubbio. Così,accanto ai bisturi di partito si vanno profilando anche i partiti biscazzieri.

9:COME TI AFFONDO LA FLOTTA.
Un caso illuminante di amministrazione partitocratrica è quello della società Tirrenia,la più disastrata azienda di navigazione che abbia mai solcato i mari del mondo,capace di ingoiare,tra il 2002 e il 2007,oltre un miliardo di euro di finanziamenti pubblici per ripianare i disavanzi di gestione. Al lettore curioso di sapere come si sia arrivato a questi risultati,consigliamo la lettura del libro di Stella e Rizzo(G.A.Stella e S.Rizzo,La deriva, p.67). La Federlinea,è un apposito organismo che “rappresenta le società del gruppo Tirrenia nelle trattative sindacali e nella stipulazione degli accordi collettivi di lavoro, occupa in tutto 6 dipendenti,ma ha un consiglio direttivo di 8 persone,un comitato esecutivo di 4,un collegio sindacale di 5,un direttore generale e un condirettore” con stipendi all’altezza di tali altisonanti incarichi (ibidem,p.70). Il caso Alitalia meriterebbe un trattamento a parte,benché segua fedelmente il modello consolidato del denaro pubblico gestito privatamente e solidalmente da patiti di governo e quelli all’opposizione, solidali come non mai quando si tratta di sistemare adeguatamente, a spese del denaro del contribuente, i propri rappresentanti che non sono riusciti a sistemare per via di incarichi politici.

10: IL MODERNO CHE AVANZA
Per farsi un’idea di come nei nostri parlamentari le preoccupazioni per il proprio reddito siano cresciute nel tempo, può tornare utile confrontare la situazione dei primi anni di vita repubblicana con quelli dei parlamentari di oggi.
Nel primo parlamento nazionale, quello cui sedevano Einaudi, De Gasperi, La Malfa, gli emolumenti comprendevano un’indennità mensile di 65 mila lire, più una diaria di cinquemila lire per ogni giorno di seduta come rimborso spese, in tutto circa 150 mila lire al mese, equivalenti a circa cinque volte il salario medio di un operaio o impiegato. Oggi, il parlamentare gode di indennità mensile di 12.000 euro, più una diaria pure mensile di 4000 euro, che insieme corrispondono a circa 12 stipendi medi(C. Salvi, M. Villone, cit.,pp. 35-6). Senza contare rimborsi spese e agevolazioni varie e senza che la qualità media sia migliorata o la produttività aumentata.

11:La casta di G.A.Stella e S.Rizzo,il libro di Salvi e Villone su I costi della democrazia,spiegano La Deriva,pure di Stella e Rizzo proprio come quest’ultimo spiega i primi due. La ricerca dei privilegi da parte del personale partitico non si risolve soltanto in un consumo di risorse prodotte col lavoro di tutti ma, il che è ancora peggio,distorce l’azione politica e l’allontana dai suoi specifici compiti,tra i quali possiamo mettere quello di tenere le città pulite dai rifiuti e le strade senza tante buche,nonché assicurare gli ausili ottimali a malati, infanti,puerpere e senescenti, ridurre il numero delle casalinghe scippate del borsellino agli incroci delle strade. Né è da sperare che la politica si riformi da sé, visti i vantaggi che i politicanti ricavano dalla presente situazione.

12:Salvi e Villone sui controlli di merito,contabile e di legittimità sull’operato delle pubbliche a amministrazioni locali e centrali, società pubbliche a gestione privata e dirette da dirigenti di nomina partitica e lautamente pagati per fare gli interessi dei caporioni di partito, sono affidati ad agenzie il cui personale è pure di nomina politica. Se poi a qualche magistrato venisse in mente di vederci chiaro, si è provveduto a depenalizzare i reati connessi alla gestione pubblica(abuso d’ufficio, malversazione, corruzione,concussione), il che può significare soltanto fare le pentole e i coperchi.

ITTIOLOGIA FINANZIARIA(Una scienza utile per sopravvivere nel mondo globale)

Più ci si immerge nelle profondità degli oceani finanziari, più si esplorano i suoi anfratti dove la luce del sole fa fatica a penetrare, più strane creature vengono scoperte, sebbene è da dirsi che non vi manchino nemmeno quelle già studiate e classificate nelle loro attitudini specifiche dai manuali scientifici. Nelle grandi distese oceaniche i loro corpi flessuosi si muovono liberamente e cautamente, come si conviene a persone discrete, senza mai compiere un gesto brusco. Se  lanciano segnali tranquillizzanti, non lo fanno certo perché si sono convertiti a  più miti comportamenti alimentari ma per non allarmare le possibili prede, leste a mettere al riparo il gruzzoletto  faticosamente radunato sotto il materasso. La tecnica mimetica preferita da queste creature sempre affamate consiste nel rivestirsi dei colori che più allettano gli abitanti del reef, a loro volta alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti, e se il rosso, il colore dei futuri radiosi, sembra fatto apposta per attirare quanti vivono con la speranza di un pasto gratis, nemmeno l’azzurro, come più facile a mimetizzarsi nell’acqua circostante, viene trascurato.

L’arte mimetica ha la sua utilità perché serve a disorientare le future  vittime le quali, nella loro semplicità e ignoranza delle regole che vigono nei fondali oceanici, scambiano le paroline dolci, che non costano nulla come le promesse, per il dolce che viene servito a fine pranzo. Altrettanto efficace è l’arte intimidatoria, che consiste nel galleggiare mettendo in mostra tutti i denti per far sapere chi comanda. In una simile arte, che si impara ascoltando la voce dello stomaco, serve più la dotazione naturale,  avere denti e artigli affilati ed un  apparato di sensi sviluppato più che negli altri animali e atto a guidare  verso le prede che a questo punto possono soltanto sperare nella velocità delle loro pinne.

Gli squali bianchi sono chiamati in questo modo per avere il ventre di un colore bianco latteo. Ma questa è la sola nota gentile che li  caratterizza perché il loro sguardo di animali preistorici non lascia dubbi sulle loro intenzioni. Possiedono mascelle armate di doppia fila di denti adatti sia per afferrare  e trattenere le prede, che sono soliti  ingoiare per intero, scheletro compreso.  Infatti, hanno un morso caratterizzabile tecnicamente come frontale, a viso aperto, come nella borsa valori, dove effettivamente non si fanno prigionieri, sebbene non disdegnino attaccare lateralmente, da destra o da sinistra per loro fa lo stesso, almeno a giudicare dalle impronte lasciate dai denti sulla carne di quanti hanno avuto la fortuna di  lasciare  nelle loro bocche soltanto una parte di se stessi, oppure scorrendo i loro giornali grondanti di altruismo e solidarietà con quelli che chiamano gli “svantaggiati”.

Preferiscono cacciare nelle profondità dei fondali marini, insieme ad altri mostri voraci, a causa della scarsa luce che vi penetra dall’alto e dove il profano si smarrirebbe nella vegetazione dei termini tecnici e delle leggi che contribuiscono a renderli ancora più impenetrabili, essi trovano l’ambiente più favorevole alla riuscita delle loro imprese. Hanno un appetito insaziabile e in un solo pasto possono ingoiare carne sino ad un sesto del loro peso, come hanno scrupolosamente calcolato gli scienziati del ramo. Cacciano da soli o in branchi, preceduti e seguiti da  codazzi di ciarlieri animali marini dai colori vivaci utili per attirare le vittime predestinate, ricompensati con gli avanzi dei pasti, ma pur sempre sostanziosi. Branchi di questi squali vengono avvistati nel reef caraibico, dove sono una specie protetta dalle legislazioni locali che così diventano benemerite  nei riguardi della protezione di questa speciale fauna marina.

Con tutto il loro appetito insaziabile, si tratta alla fine di animali riservati ed è raro che vengano alla superficie, ma allora, attirati dall’odore dei risparmi dell’ignaro  pensionato o della casalinga ancora più ignara,  prediligono cacciare nelle vicinanze delle banche, soprattutto di quelle dalla denominazione più caritatevole o che addirittura dicono di essere sotto la protezione di qualche santo.

Lo squalo tigre invece usa frequentare le acque base e cacciare di notte, per sfruttare meglio la capacità di visione dei suoi occhi adattati alla vita  notturna. E questo non perché sia stato messo sulla strada del malaffare dalla cattiva compagnia, come si dice di ogni teppista,  ma perché è un delinquente nato. Infatti, dietro la retina ha una membrana che riflette la scarsa  luce notturna  col risultato di aumentarne la capacità di visione.  Si avvicina furtivamente alla preda, che afferra dal davanti e ingoia per intero, aiutato in questo dalle sue mascelle svincolate dal cranio, accorgimento che serve ad amplificare l’apertura della bocca. Come gli altri squali, anche lo squalo tigre è molto sensibile al rumore, a quelli che gli segnalano  l’approssimarsi della preda come agli altri che vengono fatti intorno alle sue imprese che potrebbero metterlo in cattiva luce di fronte all’opinione pubblica del reef. Essi infatti  non prendono sotto gamba la reputazione, soprattutto perché i pesciolini che sono le loro vittime giudicano soltanto sulla base della reputazione, che oggi vengono fate da giornali e televisioni di proprietà degli stessi squali, le sole finestre attraverso le quali essi  guardano il mondo.

Anche lo squalo detto tagliatore ci tiene al rispetto generale, a passare per amico del popolo e del progresso ed è fornito di due formidabili file di denti, una superiore  per afferrare e una inferiore per strappare la carne della vittima, con le quali mette in pratica il suo intento filantropico. Tuttavia, le fauci dello squalo tagliatore sono un giochetto per bambini rispetto a quelle dello squalo della Groenlandia, che si segnala per la sua tecnica raffinata,  certamente frutto di una lunga evoluzione,  che consiste nell’afferrare la preda e poi girare su se stesso per strappare il morso. A sua volta,  con tutti i suoi doni di natura, lo squalo della Groenlandia farebbe una ben magra figura rispetto a quello detto del collare, dotato di un’apertura mascellare enorme che gli permette di ingoiare la vittima per intero. Si dirà che la colpa è della vittima che, mettendo piede in una banca,  si è pure messa in affari con i pescecani, i quali sono così cortesi da  mettere i clienti dinanzi a una selva di clausole la cui oscurità non diminuisce per il fatto che sono scritte in caratteri microscopici. E poi ci si lamenta se i semplici finiscono nelle reti dei complessi. Lo squalo del collare non usa né parole suadenti né ragionamenti capziosi per attirare le sue vittime, ma si limita ad irradiare strane luminescenze colorate che possono andare dal verde al rosso,  per definizione i colori del progresso e dell’avvenire, come ripetono alcune  canzonette un giorno alla moda tra i lavoratori.

Resterebbe da dire qualcosa di un altro insigne abitante degli oceani finanziari: lo squalo balena, il quale deve sì distinta denominazione non tanto alla sua mole, peraltro considerevole, ma per avere al posto dei denti che sembrano fatti apposta all’omicidio o, almeno, al furto violento,  un sistema di fanoni simili a quelli delle balene, adatte più a imprigionare i piccoli animaletti che entrano nella sua bocca che a mordere e lacerare. Le sue abitudini alimentari lo portano quindi a rivolgersi alle “masse” piuttosto che alle prede di grossa taglia, essendo il suo pasto ordinario fornito dai branchi di sardine, che si sentono al sicuro, protette tanto dalla loro piccolezza che dall’anonimato del numero. Le tecniche di caccia dello squalo balena sono perciò più mirate ed elaborate e si giovano della cooperazione di tonni dalla parlantina sciolta, quella che ci vuole per convincere le sardine parlando da uno schermo televisivo, tra i bagliori di luci fosforescenti  che bastano da soli ad abbagliare e incantare lo spettatore serale . Esso infatti si avvicina al branco, apre la bocca e se ne sta immobile mentre i torni si danno da fare per spingere le sardine ad entrarvi, certamente usando gli argomenti più adatti. I quali a lavoro terminato, saziata la loro fame con le briciole lasciate dal padrone,  se ne tornano a casa convinti di aver compiuto opera meritoria, come deve venir considerata quella di dar da mangiare agli affamati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FORMICHE, CICALE E GRILLI: Esiste una via elettronica per la democrazia?

Le formiche, che in fila indiana trascinano il loro peso verso il formicaio, sono silenti. Difficile sentirle protestare, occupate come sono dalla strada da seguire e ad evitare i predatori di tutte le specie sempre in agguato e pronti ad appropriarsi delle fatiche degli altri. Il loro motto è lo stesso di quello adottato dagli sgobboni di scarsa fantasia:”tacere e lavorare” o dai sistemi di governo che pensano a tutto e vogliono evitare ai sudditi la fatica di usare la propria testa. Sono coscienziose e giudiziose, le formiche, e occorre aspettare la sera  perché smettano di lavorare e si preparino per la cena, proprio come fanno molti degli umani.  Ma da questo punto di vista le formiche debbono ritenersi più fortunate degli umani perché i pezzi grossi del formicaio non possono ingurgitare cibo oltre una frazione  del loro peso, per cui  soltanto per la garanzia costituzionale di questa legge di natura le formiche operaie non vanno a letto senza cena. Nella loro semplicità di esseri che vivono a contatto con la terra, trovano naturale persino le catene dalle quali però non traggono materia per sparlare tutte le volte che,muso contro muso, hanno occasione d’incontrarsi ma, ignare di metafore e della retorica da piazza o televisiva, sulle quali si sono costruite e si costruiscono delle vere fortune. Abituate a chiamare pane il pane e  il sudore della loro fronte sudore, non si sognano nemmeno di considerarlo come una punizione inflitta ai figli per i peccati commessi dai più lontani genitori o il segno distintivo di una nobiltà nuova, riservata proprio al popolo lavoratore.

Invece, per le cicale appostate tra i rami delle querce, degli ulivi, dei cipressi(che sono alberi non certi messi per rallegrare i luoghi dei morti) e persino sulle margherite, fiori dei campi, nonché sui rami di altri vegetali della selva italica, le cose vanno diversamente. Spargono il canto sotto il cielo azzurro convinte che niente possa succedere senza un loro commento. E infatti commentano, senza trascurare di  aggiungere che soltanto esse conoscono i reali bisogni delle silenti formiche e sanno rappresentarle nelle istanze costituzionali.  Chi si trova in alto non solo può risparmiarsi le molte fatiche di chi si trova invece a livello del suolo ma può far credere che nel migliore dei mondi possibili le formiche sono state create per lavorare e le cicale per informare, educare, rappresentare e cantare. Così va oggi il mondo e, temiamo continuerà ad andare nel futuro.

L’errore delle formiche non consiste tanto nel lavorare e di chiamare le cose col loro nome, come non può evitare di fare chi lavora per il quale l’azione transita sempre dal soggetto all’oggetto, quanto di ignorare la libertà di manovra nei confronti delle  parole da parte  delle cicale che si guardano bene dal mettersi  a lavorare e, ricche dell’antica arte di chi sa congegnare frasi simili al vero, fanno sempre transitare l’azione sulle spalle dei sottoposti mentre ne dirottano i frutti nelle loro tasche.

Ecco perché è tempo per le formiche di alzare la testa e,invece di lasciarsi cullare dalla musica suadente delle cicale e degli altri parassiti appostati sui rami del bosco, o imprecare  contro il destino cinico e baro, cominciare ad apprendere come snidarli dalle loro comode postazioni senza dover incendiare il bosco e se stesse.

Una via garantita dal successo passato esiste ed è quella che insegna a vedere. dietro gli orpelli del potere, se non di “che lagrime grondi e di che sangue” la sua propensione ai più prosaici abusi, all’ingordigia dell’altrui alla quale non sa resistere, alle menzogne ad essa funzionali, i giochi di parole,e emissioni e le amplificazioni così utili per annebbiare i cervelli degli elettori. Ma siccome una via come questa richiede  tempo e fatiche, nonché letture assai diverse da quelle che sono nelle corde delle formiche, ne resta un’altra più alla loro portata, perchè in fondo si può essere formiche e silenti quanto si vuole,  ma occorre pur usare parole per comunicare e vivere in armonia con gli altri abitanti del formicaio. Da qui per le formiche l’utilità di conoscere come nascono le parole, le quali possono nascere dalle cose e venire al mondo animate da spirito di verità, ma possono anche, animate da intenti che soltanto l’orecchio esperto sa riconoscere,  mettere al posto delle cose la  loro ombra e anche qualcosa di meno denso dell’ombra. Arte nuova che solleva dai luoghi chiusi e spesso silenti in cui si svolge la vita privata alle regioni asciutte della vita pubblica, dove ogni pensiero, anche il più tortuoso, diventato di dominio generale,  può venir giudicato senza che ne riceva torto perché, dove i giudizi si incontrano e confondono le loro acque, i torti di molti si compensano, o almeno si attenuano, per far emergere qualcosa di analogo al vero, quel vero che è medicina per l’anima e suo tonico. Nella libera piazza, dove le libere opinioni hanno accesso e dal confronto emerge quella in grado di esprimerle tutte,  poco spazio resta tanto alle unilateralità delle affermazioni più sicure di sé del padrone della borsa, come alle parole  plastificate del demagogo al suo servizio,  tutte precipitate al rango di opinione che debbono lottare per l’esistenza.

L’arte di farsi sentire pur restando attaccati alla terra e alle cose, dai loro orizzonti all’apparenza ristretti, non è delle formiche né delle cicale. E’ piuttosto arte da grilli che dal loro buco, estro permettendo, non smettono di far sentire una voce che oggi, nell’epoca della comunicazione totale,può giungere alle orecchie di altri grilli e diventare, da opinione personale quale era in partenza, fatto pubblico, a scorno dei gazzettieri e altri fabbricanti dell’opinione pubblica.

Si sottovaluta la portata di questa attività grillesca pensando che sia una conseguenza del mezzo di cui occasionalmente ci si serve. Il suo orientamento generale soltanto in apparenza è lo sfogo di sentimenti repressi, dell’impotenza a cambiare il corso delle cose, soprattutto quando corrono a suo danno. Costretto a prendere forma dal mezzo, lo sfogo  diventa presto opinione. Organizzato, eliminando le inevitabili stonature, può contribuire alla formazione di una coscienza indipendente dai mezzi manovrati dal capitale in veste di informatore ed educatore, una coscienza ritagliata sulle esigenze personali e, proprio per questo,  più sicuramente generale e pubblica.

 

Settembre 2012